The Comedian, recensione

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Visto in anteprima in streaming.

Un film “anomalo”, così potremmo definirlo, schiantando anche le ingiuste critiche statunitensi che gli son piovute addosso. La recensione più obiettiva è stata quella del Guardian, che ha indovinato la giusta “miscela” di parole per incensarlo a metà, assegnandogli tre stellette, comunque pienamente meritate.

Incipit “freddo”, nebuloso, soprattutto notturno, già scandito dalla splendida partitura jazz dall’esperto Blanchard, che modula la sua musica ipnoticamente “lenta” nelle atmosfere di una New York di periferia assuefatta ai colori tiepidi di grattacieli scalcinati e di una Luna occhieggiante di morbido retrogusto già amaro, come questa storia un po’ bukowskiana sorretta da un De Niro “parolaio” di volgarità da comico insultante un po’ alla Don Rickles e un po’ anche alla dirty grandpa mischiato al suo toro scatenato ammiccante al Billy Crystal “cameizzante”. Docet la scena brevissima in ascensore, lapidaria e rinviante a mille sottotesti sugli stand up comedian, appunto, su questo microcosmo un po’ tetro perfino in mezzo alla colorata e vivacizzante umanità decadente che lo popola.

Brilla bella Leslie Mann di recitazione asciuttissima, calibrata in gesti di raffinato “taglio”, così come invade ogni scena col suo carisma da nano gigantesco quel “pinguino” che è Danny DeVito, in sfoggio di monologhi teatralizzanti ben accompagnati dalla moglie LuPone, una volpina della recitazione con la “sordina isterica”, pronta a scoppiare in detonanti assoli da applauso a scena aperta.

Morde questo film, graffia quel tanto che basta alla fotografia intonata al crepuscolare viale del tramonto di Jackie, un De Niro che avrebbe dovuto essere candidato ai Golden Globe.

E questo è quanto, un altro tale di Manhattan, gemellato forse al Woody Allen irriverente.

 

di Stefano Falotico

 

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