Blade Runner 2049 secondo Antonella Liguori

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Tripudio di gemme visive incastonate dentro un racconto intimistico rarefatto, commovente e bellissimo, che si prende il tempo necessario, rallentandolo e dilatandolo, per parlare a noi di noi, di come eravamo e di come siamo adesso, sospesi tra il passato e i suoi ricordi nebulosi che i sentimenti, alla base dell’essenza umana, della sua anima, rendono ancora vividi nel colore e nel calore, e l’indeterminatezza di un futuro che si prospetta gelido, inafferrabile e pericolosamente mutevole.

L’esistenza che fu è una sensazione che fa male come una fitta al cuore; è un ologramma per i nostri occhi addormentati e consumate tracce audio per le nostre orecchie intorpidite.

Giacciamo prigionieri nell’interregno freddo e grigio di questo inospitale presente sintetico, in balìa di cortocircuiti emozionali che ci vedono guerrieri di battaglie quotidiane tra il desiderio di vivere pienamente e la paura di farlo per davvero.

Trincerati dietro un mondo virtuale di riflesso, viviamo -come il protagonista- una vita surrogato solitaria, siamo repliche di altre repliche venute prima di noi, ingranaggi nel sistema, tasselli anonimi e incolori di un disegno che non riusciamo a intravedere, di cui non ci è dato sapere.

Andiamo avanti senza porci troppe scomode domande, senza mai guardarci dentro fino in fondo, per il timore di scoprirci incompleti e insoddisfatti o, forse, solamente umani. E perciò imperfetti, vulnerabili, sanguinanti e soprattutto provvisti di una speranza, quella che per noi “possa essere diverso” e “possa essere speciale”. Perché possa vestirsi di senso il nostro peregrinare sulla terra, sempre più arida d’amore e sempre più feconda di calcolo matematico.

Villeneuve sforna il suo capolavoro hollywoodiano, consegnando al nostro cospetto un’opera esteticamente abbacinante che rielabora con raffinatezza ed intelligenza l’immaginario scifi al cinema; crea indovinati trait d’union (grafici e narrativi) con la pellicola di Scott così da percepirla come la continuazione ideale ed aggiornata (all’effettistica odierna e al suo potenziale tecnologico) di quel mondo altro, eppure tutto nostro, che nel lontano 1982 ci venne spalancato innanzi agli occhi; ingloba la poetica dickiana piuttosto che ridurla a sola ispirazione o mera suggestione, e innesta elementi fondamentali di un discorso unico (e sempre in evoluzione) sulla fantascienza nella settima arte, quei temi già incontrati in Terminator e capitoli successivi, GattacaMinority Report e pure nel più recente Her, per citare alcune di quelle pellicole di cui sono evidenti i rimandi.

Facendo di Blade Runner 2049 il traguardo ultimo naturale (almeno per il momento) di un lungo percorso di forma e sostanza che ha accompagnato, sempre abbracciandola, la nostra contemporaneità, capace di leggerne ed interpretarne meccanismi e dinamiche per trasferirli, successivamente ‘trasfigurati’, sul grande schermo con inappuntabile puntualità e profetica visionarietà.blade-runner-screenshot-1280x530

 

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