PIG, recensione

Nicolas Cage PIG

Ebbene, oggi recensiamo il sorprendente e struggente Pig, film della durata di un’ora e trentadue minuti decisamente trascinanti che ci hanno fortemente emozionato, intenerito, ripetiamo, vivamente commosso e oltremodo stupito, in quanto Pig, opera prima del finora quasi sconosciuto Michael Sarnoski, è difatti firmato da un regista apparentemente proveniente dal nulla, sebbene avesse diretto alcuni interessanti cortometraggi ed episodi della serie tv Olympia. Che con tale sua opus ed esordio alla regia (ovviamente, intendiamo per un lungometraggio cinematografico), in modo clamoroso, ha lasciato positivamente senza parola la Critica mondiale. La quale, infatti, ha incensato Pig di commenti entusiastici, sperticandolo di lodi senza pari.

Addirittura, non pochi opinionisti, statunitensi e non, hanno gridato al capolavoro. Ecco, forse la parola capolavoro ci pare, sinceramente, un po’ esagerata, va detto altresì certamente che Pig è un film molto bello e, ribadiamo, altamente emozionante. Ed è interpretato, da protagonista assoluto, onnipresente dalla prima all’ultimissima scena, da un Nicolas Cage che, nuovamente, dopo tante prove cosiddette alimentari in film oggettivamente inguardabili e/o addirittura impresentabili, azzecca un’altra prova attoriale veramente gigantesca e notevole.

Andando, così facendo, ad alimentare puntualmente la sua fama oramai d’attore qualitativamente inclassificabile. Poiché alterna, con facilità incredibile, performance eccellenti, anzi eccezionali e memorabili, ad altre oltremodo scadenti, anzi eufemisticamente imbarazzanti. Sì, imbarazzanti è un eufemismo se accostiamo tale aggettivo alla sua penosa, fiacca recitazione in robaccia mostruosa come, per esempio, Jiu Jitsu o 2030 – Fuga per il futuro, film, quest’ultimo, forse visto da tre persone sul Pianeta Terra, eh eh.

Insomma, che razza di attore è, in ogni senso, il grande Nic Cage? Per l’appunto, un oggetto non ben identificato e più indecifrabile d’una allucinante, aliena navicella spaziale.

Ma la pazzia interpretativa di Cage ci garba un sacco e ne andiamo, a nostra volta, matti.

Tornando a Pig, scritto dallo stesso Sarnoski assieme alla sceneggiatrice Vanessa Block, eccone stringatamente la trama: Rob (Cage) è un barbuto eremita cacciatore di tartufi che vive, in una capanna fatiscente, solitariamente nell’Oregon più selvaggio e boschivo. Standosene, solo soletto, nella sua decrepita e scricchiolante abitazione ai piedi di secolari querce forestali. All’improvviso, torna nella sua natia Portland, mettendosi alla ricerca del suo amatissimo maiale scomparso, anzi, più precisamente rapito.

Straordinaria fotografia magistrale di forte impatto e di suggestiva atmosfera a cura di Patrick Scola (accreditato soltanto come Pat) e incantevoli musiche firmate da Alexis Grapsas & Philip Klein.

Pig ha una trama all’apparenza risibile e molto scarna a livello di risvolti narrativi praticamente inesistenti. Eppur travolge dall’inizio alla fine in modo meravigliosamente toccante.

In quanto, sorretto da un magnetico Cage datosi anima e corpo al personaggio da lui qui egregiamente incarnato, diretto da un Sarnoski ispirato e illuminato, com’appena sopra dettovi, da toni fotografici ipnotici, basa molto del suo fascino sull’impianto visivo, oniricamente trascendente.

Come se Pig fosse, più che un film vero e proprio, una strepitosa ode melanconica visualizzata in immagini risuonanti, nei nostri cuori, di vivido e corposo, grandioso impatto emotivo dei più soavemente inconsci. Un’opera delicata, stupenda con un Cage che, per l’ennesima volta, spiazza chiunque, smentendo soprattutto i suoi ostinati detrattori. I quali, volenti o nolenti, dinanzi a questa sua prova, non potranno oramai più negare l’evidenza. Cioè semplicemente questa: Nicolas Cage è una leggenda vivente.

Così è, non si discute. Il resto sono futili, stolte chiacchiere da bar e sciocchezze dette ingenerosamente da gente che di Cinema non capisce niente.

Pig non è per tutti, anzi, è per pochissimi. Echeggiante atmosferiche suggestioni à la Terrence Malick, malickiane se preferite, in alcuni tratti assomiglia a un’altra pellicola con Nicolas Cage stesso, ovvero Joe. Quindi, incede in lunghe zoomate e panoramiche assai lente che ai più potranno apparire soporifere e indigeste.

Ma va ammesso incontrovertibilmente che, malgrado la prima mezz’ora abbastanza ostica per via, appunto, del suo ritmo fin troppo blando, verso gli ultimi quarantacinque minuti prende il volo sensibilmente e s’impenna ancor più liricamente, toccando alte vette di poesia di gran quota.

Spiazzandoci con una serie di twist inaspettati.

Se non sopportate un Cage con la recitazione in sordina ma amate il Nic scatenato in overacting, ovviamente Pig non fa per voi. Soprattutto, se adorate i film d’azione dinamici e scoppiettanti e non guardate di buon occhio i film dalla trama praticamente ridotta all’osso, basati quasi esclusivamente sulle suggestioni, lasciate perdere.

Nel cast, co-protagonista Alex Wolff e Adam Arkin (A Serious Man), quest’ultimo nei panni del padre del personaggio di Wolff.

Nicolascagepig

di Stefano Falotico

 

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