SOLO DIO PERDONA (Only God Forgives), recensione

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Ebbene, anzi, orsù! Ivi sganciato da costrittivi, forsanche pedanti legami editoriali, in attesa, la settimana prossima, di vedere About My Father (poi recensendolo, mi auguro, di testata attestata con nome e cognome miei firmati), scelleratamente intitolato Papà scatenato con De Niro, memore io di essere, malgrado tutto e dopo tanta acqua, come si suol dire, sotto i ponti trascorsa, sì, passata, l’incarnazione, in passato e, ribadisco, a tutt’oggi di Hugh Grant di About a Boy, prodotto da De Niro stesso, ravvisando lo spopolare di meme e foto di Ryan Gosling di Barbie, su Facebook e altrove, decisi, in codesto oramai terminato pomeriggio del 19 luglio (leggerete questo pezzo nel dì seguente, ovvero quello presente e in corso attualmente, eh eh, di ribaltamento lessicale delle parole o solo spazio-temporale), di assistere alla visione, finalmente completata(ta), del film seguentemente da me disaminato. Anzi, scusate, prontamente rettifico per dovere di mnemoniche cronache mie da Blade Runner 2023 e non 2049, di tal Only God Forgives comprai, un paio d’anni or sono, perfino il Blu-ray ma non ne completai, giustappunto, giammai la visione. Solamente, precisamente, appena l’iniziai. Non so perché. Non ricordo bene…

Che io mi ricordi invece perfettamente, dopo il clamore succitato, no, suscitato dalla coppia artistica Nicolas Winding Refn + Gosling dell’acclamato (non da Paolo Mereghetti, però) Drive, la “combo” tornò a lavorare assieme quasi istantaneamente, ripresentandosi al Festival di Cannes, in Concorso…

A differenza di Drive (2011) che, alla kermesse cannense appena sopra nominatavi, piacque molto a pubblico e Critica, aggiudicandosi meritatamente il Prix de la mise en scène, addirittura scontentando i più che avrebbero voluto vincesse nientepopodimeno che la Palma d’oro, Solo Dio perdona (2013) fu bombardato di sonori fischi e pesantissimamente ingiuriato. Ancora adesso, il sito aggregatore di medie recensorie, metacritic.com, ne riporta un’assai insufficiente media molto grave e oso dire “gravosa”, ovverosia equivalente all’ingiusto 37% di pareri nettamente negativi. Sì, una media non congrua al valore del film che meritava e merita ampiamente una “votazione” maggiore ma intendiamoci, al contempo, su un altro aspetto imprescindibile… A me Refn piace abbastanza ma non appartengo alla lista di suoi estimatori incalliti e miopi che hanno il prosciutto davanti agli occhi e si lasciano troppo accecare dalle sue celebri luci stroboscopiche. Perdendo visivamente le sue immagini, no, smarrendo la loro stessa “vista” obiettiva. Solo Dio perdona dura poco, cioè a malapena un’ora e mezza, ciò non è affatto un male ma ha evidenti difetti e, specie all’inizio, è soporifero in maniera indigeribile. La prima mezz’ora, sì, “allunga” il minutaggio di questa pellicola in modo indicibile. Non è dunque un capolavoro, neppure un bel film. Eppur non è brutto come riportatovi e riportatoci. Riportandovi invece sottostante la sinossi rilasciataci da IMDb:

Julian, uno spacciatore di droga che prospera nel mondo della malavita di Bangkok, vede la sua vita complicarsi ancora di più quando la madre lo obbliga a cercare e uccidere il responsabile della recente morte del fratello.OnlyGodForgives Kristin Scott Thomas

A proposito di Mereghetti, ostinato e ottuso detrattore di Refn, in merito, ai tempi della presentazione di Only God Forgives a Cannes, nell’editoriale del Corriere della Sera, tronfiamente asserì quanto segue: «Una scelta, quella di voler ribadire a tutti i costi il proprio “messaggio”, che invece Nicolas Winding Refn cavalca con testarda protervia. Se Drive era costruito sul tentativo di ridurre il film noir ai minimi denominatori, depurandolo di ogni elemento superfluo per mostrarne solo le caratteristiche fondative, questo Only God Forgives (Solo Dio perdona) si sforza di andare oltre: lunghi primi piani muti, improvvise esplosioni di violenza e una catena di vendette incrociate a partire da una ragazzina stuprata e uccisa. Ma per vendicare l’uccisione dello stupratore, non della vittima! Così vuole la madre di due fratelli (l’assassino senza un perché e un catatonico Ryan Gosling) interpretata da una Kristin Scott Thomas agghindata come Donatella Versace (regista dixit), mentre tutti si muovono come in un acquario. Il risultato è molto più che irritante, fintamente cinefilo e naturalmente misogino. Ma soprattutto sprovvisto di senso. Oscar Wilde amava ricordare che gli armadi chiusi possono anche non nascondere niente. Winding Refn ci conferma che quell’osservazione vale anche per i film. Soprattutto per il suo».

Parafrasando il citato Wilde, il “citazionista” Mereghetti ci conferma che l’affermazione di Wilde potrebbe rispecchiare la vacuità e stolta vanità di molte sue sterili uscite fuori luogo e senza senso logico.

Ora, chiarito questo, diciamo anche che Only God Forgives vale più di quello che si dice e meno di quello che i fanatici di Refn dicono ma questo l’avevo già detto.

Ci presenta un Gosling edipico, stordito, nei panni di un personaggio coglione sin in fondo, un fratello “Tetsuo”, interpretato per pochi minuti, nell’incipit, da Tom Burke, sì, molto sessualmente dotato anche se non glielo vediamo, uno con un c… zo enorme, stando alle parole della “madre”-amante di entrambi, una Kristin Scott Thomas probabilmente incestuosa di tutti e due i figli stronzi, una Scott Thomas mai così “troia” e bella, e un villain imbattibile e impagabile che non sarà ucciso da nessuno, sarà lui a uccidere tutti perché è giusto così, gli hanno barbaramente stuprato la figlia e macellata. Allora, lui diventa un macellaio per mano di “dio”. È Chang, incarnato da un magnetico e insospettabilmente atletico Vithaya Pansringarm.

La fotografia, a cura di Larry Smith, mette i brividi, la Scott Thomas, ancora evidenziamolo, è una grande attrice e una donna maliarda dal fascino irresistibile (anche se son passati esattamente dieci anni da allora e non è più come a quei tempi), le musiche di Cliff Martinez (pre-Stranger Things e sapete perché) parimenti ipnotiche.

Refn pecca di compiacimento per la violenza, come sempre. È un suo violento orpello, metaforicamente parlando e perdonatemi per il voluto gioco di parole, più fastidioso della sua messa in scena ripiena di violence.

Cosicché, dopo la prima visione, a caldo o a freddo, fate voi, può sembrare che Refn ci abbia preso platealmente per i fondelli. Per non dire altro. E che sia stato più triviale, in alcune battute, del solito e disgustoso di un lato messo lì, “alla culo”, del peggior Tinto Brass.

Ma Solo Dio perdona rimane stranamente dentro, angoscia ed è uno sleeper spaventoso, agghiaccia, scuote, perturba, non assomiglia a niente visto prima sebbene scopiazzi mezzo Cinema orientale mischiato a quello scandinavo e statunitense, perfino nostrano ed europeo, così peraltro come molti sostengono, non del tutto a torto.

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di Stefano Falotico

 

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