The Irishman di Scorsese, il Cinema ha bisogno di sperare, anche di sparar(si)

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Anche di espiare… le nostre colpe, le fratture scomposte dei nostri “arti” mentali, ha bisogno di respirare di nuova gloria, necessita “urgentemente” di un filmone epico fuori dal tempo, ambientato negli anni settanta, a mobster biopic di rar(efatt)a classe.

Pausa pen(s)ante

Sapete, amici, fratelli della congrega che vi cingete coi vostri abbracci nel bac(i)o della mia “inutilità” (dis)umana, debbo confidarvi che non sto bene, e questo malessere mi prosciuga quanto mi forgia di vigoria sin da quando vidi Taxi Driver, vetta stellare di Scorsese-De Niro, tutt’ora un capolavoro difficile da superare. Invero, mi reggete il gioco e alle volte, non sempre (s)fortunatamente, mi date da “mangiare” le vostre lotte fratricide, facendomi sentire uno della massa. Siamo tutti cani dei “clan” di Gangs of New York… Ma sapete bene che neppure in testa un masso può farmi cambiare idea. Sì, talvolta, quando semmai sto a tavola, deglutendo un cibo prelibato, m’illudo di essere un umano. Ma è un pensiero, uno fra i miei mille tanti, che presto svanisce e la mia mente in verità “regredisce”, anzi, in quello stato s’immobilizza. Io sono un in(s)etto per questa società e, in tempi non sospetti, gente che pensò di modificare la mia anima affinché, appunto, cambiassi, “tutte” le tentò. La mia verginità in molti attentarono e feci in questo sens(s)o molti tentativi. Perfino dal sesso mi feci (at)tentare e una scopai “a tentoni”, stando attento a non (s)venire perché un altro come me non volevo partorire. Da molti anni, son “partito”, non vi sto col cervello. Esso svalvola, è un viavai “saliscendi” d’umori che, adesso, devo confessarvi, non riesco a gestire. Pensate che ora gesticolo anche di più e non sto mai zitto. Sì, a molti questo mio atteggiamento “ostile” dà fastidio. Vedono in me ciò che li turba, li angoscia, li destabilizza e le lor certezze incrina. Ma non posso smettere di essere me stes(s)o. Sebbene molte donne mi corteggino, le respingo, declinando le loro carnali offerte con lo scuotere il capo con arroganza gentile e altezzoso menefreghismo “autoerotico”. Invero, a essere onesto, me ne fotto quasi di tutto e mi allietano poche cose. Innanzitutto, non le cosce. Andati son i tempi in cui mi masturbavo con “allegrezza”, credendo con la fantasia “digitale” di solleticare, spingendo di testicoli “stuzzicati” e attizzati, un femminile grilletto. Adesso sono un personaggio di Pulp Fiction e, se un amico mi chiede com’è “quella”, io rispondo “triste” un: – Sì, è una figa di buon livello, sì. Non so che dire. Sì, una buona figa.

Se tardi non siete, comprenderete che sono un uomo malinconico, oramai sganciato completamente dalla realtà. Non frequento né vedo il centro della mia città da “millenni” e non entro in un locale da decenni. Ma il tempo non esiste e domani potrebbe di nuovo avverarsi quello ch’ero ieri, cioè domani è un back to the future. Con la mente si può viaggiare in tante avventure e, leggendo la sinossi italiana del libro di Charles Brandt, credersi un irlandese: dopo anni di carcere, ancora braccato dall’FBI e ormai costretto su una sedia a rotelle, Frank Sheeran confessa, per la prima volta al suo avvocato Charles Brandt, il mistero che ha ossessionato l’opinione pubblica statunitense per quasi trent’anni a partire dall’estate del 1975: la sparizione di Jimmy Hoffa, mitico protagonista del sindacalismo americano tra gli anni Cinquanta e Settanta, un caso rimasto irrisolto poiché nessuno è stato mai condannato né il corpo di Hoffa ritrovato. Per certo, è stato un personaggio scomodo a molti uomini, politici e criminali, e che il caso non sia mai stato chiuso fa pensare alla responsabilità di poteri molto in alto. Ma perché Sheeran ha scelto di parlare a trent’anni dai fatti, fuori da un’aula di tribunale? Frank “l’Irlandese” Sheeran a metà degli anni Cinquanta è stato dirigente della più grande unione sindacale americana, l’International Brotherhood of Teamsters (che rappresenta la categoria degli autotrasportatori), al fianco del suo fondatore e leader, Jimmy Hoffa. Ma Frank è stato anche l’uomo delle “commissioni” che la mafia gli affidava in nome della sua leggendaria freddezza. Com’è riuscito questo gigante dai capelli rossi e dal pugno di ferro a diventare il braccio armato del padrino Russell “McGee” Bufalino e insieme la spalla del sindacalista più potente degli Stati Uniti? “L’Irlandese. Ho ucciso Jimmy Hoffa” risponde a questa e a molte altre domande…

Da Cannes, arrivano buone notizie che ci fanno sperare che presto Scorsese, finalmente, inizierà le riprese di quest’annunciato capodopera. Con De Niro, Pacino e Pesci.

Che volete di più dalla vita? Una zoccola? Ficcatevela e lasciatemi stare.

Ora, figli di puttana, non fate gli stronzi. Datemi una birra e “fumerò” invece una pallottola nel mio cranio del cazzo.

 

Applauso.

di Stefano Falotico

 

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