Sully – Recensione

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Film pacato di Eastwood che s’immerge notturno in riprese bellissime, “a pelo d’acqua” increspate nella nostalgia della “teoria del vol(t)o” di un asciutto Tom Hanks magistrale. Poco meno di due ore che millimetriche raccontano il Miracolo sull’Hudson, di come questo capitano coraggioso dalla mano mai tremolante salvò 155 passeggeri sorvolando Manhattan con due motori rotti senza nessun guasto della sua anima, atterrando su un fiume gelido in pieno inverno. Ancora lune crepuscolari per Eastwood che ci racconta da varie ottiche, prospettive, analessi, quest’evento straordinario, concedendosi incubi foschi come un aereo che precipita e si schianta sui grattacieli, rimembrante la tragedia dell’11 Settembre che aleggia mortifera e fatale in questa storia invece di “salvazione”, quasi cristologica per come ci viene scandita, narrata, intelaiata da una partitura malinconica “carezzata” dall’aplomb di un Hanks “ceruleo” come i suoi grigi capelli canuti, robusto nel camminar a passo cheto nel cuore di “tenebra” della sua tenerezza. Il resto è da guardare, anche se a qualcuno potrà non piacere per la sua eccessiva linearità e per il suo didascalismo. O perché allunga i “sintetici” 208 secondi in 96 minuti che riavvolgono sempre il nastro di quella “registrazione” mnemonica indimenticabile di una scatola nera prodigiosa. Eccellenti le riprese (dis)umane del salvataggio. Anche se non è un capolavoro.

 

di Stefano Falotico

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