LICORICE PIZZA, recensione à la Falotico

Licorice Pizza

Ah, che filmettino ipocritino e cretino. Anderson, mister bugiard(in)o. Arriva lui, capito, il perfettino, a farci i manifesti amorosi pulitini. Ma vedi questo porcellino!

Dopo il sig. Tarantino che, con la sua bischerata su Hollywood e i sogni illusori ed effimeri che crollano dinanzi alla durezza evidente d’una realtà che ti ammazza, su commissione, a livello (s)figurato più di Charles Manson, ecco un altro esaltato cineasta, molto sopravvalutato, che crolla miseramente, checché se ne dica, nel Magnolia della sua tristezza esistenziale sempre più lapalissiana e imbarazzante, ovvero il signor Paul Thomas Anderson.

Sì, libero qui da vincoli editoriali, da sempre remoto da ogni convenzionalità bolsa, da ogni istituzionale dettame sociale e genitoriale, distante anni luce dalle ruffianerie oscene e dalle falsità bestiali fintamente amicali, posso qui scrivere liberamente cosa penso dell’ultima opus del regista di Boogie Nights. Quest’ultima, opera invece meritevole e ampiamente divertente, grottescamente geniale e, sebbene durante più di un’ora rispetto a tale sciocchezza, cioè Licorice Pizza, incommensurabilmente più intrisa, anche involontariamente, di schiettezza sincera, di onestà intellettuale e di ruspanti esagerazioni gradevolissime.

Licorice Pizza, mi spiace e notevolmente dirlo onestamente, per l’appunto, è una pellicola bruttina. Più stomachevole d’una pizza capricciosa mal impastata. Anzi, non voglio essere politicamente corretto. Mi fa piacere che questo film non mi sia piaciuto quasi per niente e non per far il figo-bastian contrario che, in totale disaccordo con l’intellighenzia critica internazionale, scrive ciò con franchezza (dis)umana veramente abissale.

Paul Thomas Anderson, malgrado m’ammaliò non poco con Il filo nascosto, incantandomi col suo sofisticato e sensibile romanticismo delicatissimo e d’antan, pur non considerando tale appena citato film un capolavoro, a differenza quindi di quanto si legge quasi dappertutto, viene tragicamente paragonato a due compianti e ben più grandi registi trapassati decisamente molto più saggi, equilibrati e sanamente spudorati, sebbene antipatici e misantropi. Vale a dire Robert Altman e, che ve lo dico a fare, Stanley Kubrick. Premetto, così come già peraltro dissi qui e in altre sedi, che nemmeno Altman & Kubrick mi fecero e fanno impazzire. Adoro Altman per Il lungo addio e forse poco altro, eh eh, amo Kubrick per Arancia meccanica e lo ringrazio da quaggiù, pur essendo ateo, ah ah, per averci donato il nudo integrale di Adrienne Corri, red head da leccar(si)… i baffi, cioè la signora Alexander molto eccitante di tale capolavoro appena succitato, e di Julianne Moore (anche lei rossa), no, di Julienne Davis in Eyes Wide Shut.

Ora, a molta gente piacque il lato b della Kidman ignuda, a me non è mai piaciuto Lolita ma, a quanto pare, per meglio dire da quel che si vede e salta all’occhio all’istante, il figlio dello scomparso Philip Seymour Hoffman, alias Cooper Hoffman, è uguale a Warren Clarke, sì, il drugo ciccione di A Clockwork Orange. Mentre la signorina Alana Haim, discreta raccomandata con un viso più ovale dei suoi surriscaldati ovuli da signorinella che, in Licorice Pizza, ha venticinque anni ma par averne meno del co-protagonista a livello ormonale, in quanto sempre in cerca di maschi di ogni razza e religione, è pressoché identica a Leelee Sobieski versione mora.

Sto scrivendo cazzate per farvi eccitare, no, ridere? Sì, bravi. Facciamo i seri, dunque.

Atteniamoci a un pezzo di f… a vera come Dominique Swain del Lolita di Adrian Lyne (una che spronò a realizzare molti remake/rifacimenti con lei a letto in tutte le  versioni, eh eh), no, scusate, a un pezzo scritto con inappuntabile serietà priva di volgarità di sorca, no, di soreta, no, di sorta.

Comunque, sia chiaro, al drugo Alex/Malcolm McDowell, preferirò sempre la Sobieski, no, Lebowski e, al latte del Korova Milk Bar, quello della Granarolo. Parzialmente scremato come qualcosa di granuloso, denso e succoso che (av)viene fra Mickey Rourke/Henri Chinaski/Bukowski & Faye Dunaway di Barfly dopo che lei accavallò le gambe ma nulla si vide per motivi di censura. Dissolvenza e “castrazione”. Se volete vederlo, basta che noleggiate o scarichiate un film con Adrienne Corri, no, con Adriana Chechik.

Costei, donna giovanissima molto precoce, classe ‘91 ed espertissima del 69. Mentre Paul Thomas Anderson, ritornando nella sua San Fernando Valley del suo film con Mark Wahlberg, secondo me, non capì un cazzo in quanto realizzò un ‘68 in salsa nostalgica adatto a tardo ultra-cinquantenne più frust(r)ati di lui stesso. Sì, Paul Thomas Anderson dev’essere uno che finge amabilmente, no, animalmente di essere un uomo sensibilissimo, sentimentale e romanticissimo ma in verità vi dico che non solo, in casa sua, conserva i dvd di tutte le migliori puntate di Baywatch con Pamela Anderson, bensì spende tutti i suoi soldi con le migliori pornostar americane e non. Come faccio a saperlo? Facilissimo, sì, più facile delle dive della Hollywood a luci rosse. Basta vedere questo suo Licorice Pizza per capire che fa l’elegantone e il romanticone (bugiardone) per piacere ai ragazzini, troppo ingenui per sgamarlo, e a quelli della sua generazione, troppo rincoglioniti per non venerarlo.

Sì, quando s’invecchia, si diventa sdolcinati e patetici. Ecco allora che, in colonna sonora, ficchiamo Jim Morrison e i migliori rocker dell’epoca, inserendo nel film perfino il cammeo di Tom Waits per completare la leccata di culo ai suoi fan della mi… chia. A proposito, ci sono anche i Led Zeppelin? Mentre la protagonista indossa le zeppe, facendo la ragazza zuccherosa per uomini viziati, viziosi e amanti delle zoc… le, no, metaforiche zeppole, sì, le “dolcezze” più sessualmente vomitevoli. Non avete capito nulla di quello che ho appena scritto? Non avevo dubbi, oramai siete involgariti come Bradley Cooper, ignorantone arricchito, di questo film con tanto di pantaloni a zampa di elefante e più suonati di Barbra Streisand.

Diciamocela, dopo una prima mezz’ora bella e godibile, Licorice Pizza diventa un pastrocchio improponibile e indigeribile. Fra eccitazioni, no, citazioni fuori luogo di Taxi Driver, uno Sean Penn messo lì tanto per, come si suol dire. Ché, essendo andato a trovare Anderson durante le riprese, non sapendo Anderson che ca… o stava facendo, fu assoldato in maniera improvvisata per poco più d’una stupida comparsata nella parte del produttore attempato che manco risulta arrapato e traviato ma soltanto andato e ubriaco fradicio. Poi, scusate, il protagonista non doveva essere Bradley Cooper? Stando ai primi annunci ufficiali che furono, sì. Poi Anderson, forse, pensò… no, questo Cooper non può reggere da solo un film, a differenza di Daniel Day-Lewis, non sa recitare come lui, riscriviamogli il ruolo e diamogli il character d’un puttanone. Cosicché, giriamo un film sull’ammmmooooorrreeee!

Eh sì, Anderson vuole celebrare i sentimenti puri ma conosce, da furbacchione, le regole puritane.

Al che, Gary Valentine, all’inizio della storia, ha 15 anni sebbene lui ne dichiari sedici. Mentre lei, Alana Kane, come già sopra dettovi, 25. No, così non si può fare. Sarebbe peggio d’un film hardcore chiamato Incestuous o Mamma’s Toy. Facciamo passare, perciò, tre cinque anni. Ora e finalmente, Valentine, il Rodolfo Valentino dell’oratorio, può fare all’amore con Kleio Valentien. No, scusate, con la Kortney Kane che fu. No, perdonatemi, con un alano, no, che schifo la zoofilia. Dicevo, con Alana. Ragazza che, cavolo, ha capito che gli uomini sono tutti degli stronzi e che forse è meglio stare con uno che, di certo, non è atletico e un superbo centometrista come il mitico Carl Lewis, ma dai, quando corre, con tanto di ralenti da film pseudo d’autore e carrellate a raffica da Jules and Jim dei poveri, nonostante la pancetta, è già un uomo vero. Sì, è un po’ ancora inesperto e bambinone ma ha un cuore grande… è specialeee! Ma per piacere! Basta, Paul Thomas Anderson, questo tuo film fa pen’. Sei un fakeLicorice Pizza è una vergognosa pellicola “arty” che lecca i nostalgici e, giustappunto, i falsi.

Nella vita, d’altronde, ho imparato a non fidarmi di certe personcine, cioè quelle che ti dicono… sei un uomo che mi piace perché vero. Sì, certo. Però non hai i soldi di quelli che ti dicono ciò, falsissimamente, e finisci troppo maturo per i ragazzi e troppo poco stronzo per chi, da puro che era, è divenuto un figlio di puttana che si è fatto il culo (solo uno?) per essere arrivato dove sta.

Licorice Pizza live let die Fleming

di Stefano Falotico

 

Lascia un commento

Home Paul Thomas Anderson LICORICE PIZZA, recensione à la Falotico
credit