PINOCCHIO, recensione bugiarda?

Guillermo del Toro's Pinocchio - (Clocklwise) Spazzatura (voiced by Cate Blanchett), Gepetto (voiced by David Bradley), and Pinocchio (voiced by Gregory Mann). Cr: Netflix © 2022

Guillermo del Toro’s Pinocchio – (Clocklwise) Spazzatura (voiced by Cate Blanchett), Gepetto (voiced by David Bradley), and Pinocchio (voiced by Gregory Mann). Cr: Netflix © 2022

Ebbene, questa non sarà una review convenzionale e allineata a didattici, pseudo-formativi e istruttivi canoni stilistici adatti a un mood editoriale da stampa giornalistica che spesso si (s)vende al peggior fetente, no, al miglior offerente affinché, in modo bieco e losco, gli uomini “rusco” ne possano ricavare un vantaggio promozionale di opportunistico endorsement fariseo da “manini”, alias imbrogli & sotterfugi dei prezzolati più marchettari e comprabili. Questo Pinocchio di Benito Mussolini, no, Benicio Del Toro, no, Guillermo(ne) del Toro, acclamato quasi unanimemente dai nerd, cioè dai cosiddetti ominidi-ominicchi della giungla alla Mowgli, no, nerd sinonimo di Mogwai, vale a dire i futuri Gremlins che, dopo una vita di patiti bullismi e delusioni a non finire, hanno “rintracciato”, no, trovato in del Toro il guru spirituale (stessa cosa dicasi per i fan di di Hayao Miyazaki, dei fumetti anche à la Dylan Dog e non di Anna Falchi di Dellamorte Dellamore) delle loro tragiche sconfitte esistenziali in quanto Guillermo compiace bellamente e furbescamente il loro falsissimo “comunismo” da sfigati mai visti e frustrati ribelli fake che si spacciano (per) compagni ma, al massimo, frequentano solo uno schermo impolverato del PC, dicevo… non perdiamoci in teatrini da burattini e da piccolini… Costoro, ignobili impostori e cialtroni-ciarlatani dei più esecrandi, sono gli stessi che venerano, osannano, oserei dire idolatrano Tim Burton e davvero pensano che Nightmare Before Christmas sia stato diretto da tale regista in carne e ossa che, invero, soltanto s’avvalse dell’animazione creata da altri e poi “appioppata” a lui in maniera scarsamente meritocratica. Ora, dobbiamo essere obiettivi, realisti, veritieri e giudicare oggettivamente questa favola deltoriana che è retorica come non mai, intrisa di dolciastra melassa da schienare e affliggere anche il più accanito “aficionado” degli esami del sangue perennemente sballati a causa del continuo e incurabile, altissimo tasso di trigliceridi, lipidi e colesterolo a mille.

Leggo post e recensioni che acclamano a spada tratta questo Pinocchio in maniera (inde)fessa, leggo di gente che si è strappata i capelli, sperticandolo di lodi entusiastiche come se avesse visto la Madonna genuflessasi, in segno di sottomissione giudeo-cristiana, dinanzi al Maligno per una scioccante rilettura biblica ed evangelica da pelle d’oca. Roba da scomunica immediata e da matti di Castiglione delle Stiviere.

Una roba più ipocrita del più grande bordello del mondo che è a due passi dal Vaticano…

Ivi, del Toro, snaturando completamente e senza vergogna il testo originario di Carlo Collodi, con totale, impavido e incosciente, oserei dire imberbe storicismo, no, stoicismo degno di Jay Baruchel di Million Dollar Baby, riesce giustappunto a stupefare un pubblico di suoi fedelissimi adepti irriducibili, anzi, per meglio dire, a coglionare i suoi followers più ottusi senz’alcuna contezza di sé stessi e della parola Cinema. Totalizzando una media recensoria immane presso i maggiori siti aggregatori oramai in mano a ragazzini più rimbambiti di Geppetto. E aggiudicandosi già svariate, immeritate nominations ai Golden Globes e via dicendo. Per il 25 dicembre o adesso, cari miopi e ciechi da Santa Lucia, cari Lucignolo dei poveri da Paese dei Balocchi, miei boys non adatti a ciucciare le bocce di Sabrina Salerno, bensì col ciuccio in bocca e molto ciuchini, regalatevi anche Avatar: The Way of Water e, mi raccomando, terminate il terzetto da Giochi Preziosi, guardando e sconfinatamente ammirando, tanto per “castrare” la vostra crescita stagnante imperterritamente in zona prenatale, perfino, per filo e per segno, la nuova “fiera delle illusioni” di Steven Spielberg col suo penoso e puerile The Fabelmans. Ci sarà, d’altronde, un motivo se Spielberg definì questo Pinocchio pura poesia. Nevvero? D’altro canto, questi qua, dei baccalà, sono gli stessi che, per anni, glorificarono l’hobbit Peter Jackson e veramente pensarono che Cate Blanchett (doppiatrice qui di Spazzatura) fosse la Fata Turchina, no, solamente l’asessuata e angelicata Galadriel de Il signore degli anelli. Accorgendosi tardivamente che la sua Katharine Hepburn di The Aviator era già più figa di quella realmente esistita e prendendo quindi, con molto ritardo, le cosce, no, coscienza che la sua Lilith Ritter di Nightmare Alley, per l’appunto, fu talmente gnocca da far sì che Bradley Cooper dimenticasse Toni Collette. Quest’ultima, in tale film appena eccitante, no, succitato, mai così sexy e caliente.

Cate Blanchett, con ogni probabilità, vincerà il suo secondo Oscar per la sua magnifica performance in Tár. Film nel quale indossa solo tailleur da Tilda Swinton/Orlando e, pur spogliandosi solo ripresa da lontano e per pochissimi secondi, è più arrapante della donna misteriosa di Eyes Wide Shut per cui prestò la voce. Eyes Wide Shut con Todd Field, regista di Tár. E ho detto tutto… Fidelio…

Chiarito ciò, molti nerd, i quali già son impazziti per questo Pinocchio, utilizzano Hellboy/Ron Perlman (doppiatore del Podestà) come avatar nei loro profili social ma, dal vivo, sinceramente son lontani anni luce dal risultare belli come Ewan McGregor (doppiatore di Sebastian il Grillo). Poveretti, sono in piena zona Trainspotting… avranno rimpianti da Big Fish?

Trama, copia-incollata da Wikipedia: Geppetto, un vedovo falegname che vive nella grigia Italia fascista, ancora soffre per la perdita del figlio Carlo a seguito di un bombardamento durante la Grande Guerra. Una sera, ubriaco, abbatte un albero vicino alla tomba del figlio e da quel legno, costruisce (ancora sbronzo) una marionetta dagli imperfetti lineamenti e il lungo naso, che chiama Pinocchio. Una fata, accorgendosi che l’anima di Carlo si è reincarnata nell’albero, dona vita alla marionetta e istruisce il grillo che viveva al suo interno, Sebastian, di fare da guida a Pinocchio. Geppetto è sorpreso di ritrovarsi un nuovo figlio a carico, ma Pinocchio nota nel creatore una certa malinconia nello stare rimpiazzando Carlo, così parte in giro per il mondo per imparare ad essere un figlio migliore per il suo genitore.[1]PinocchiodelToro

Guillermo fa storcere il naso ai puristi? Può essere. Elmina Il Gatto & La Volpe, addirittura Mangiaf(u)oco, rimpiazzandoli in un unico stronzone, ovvero col/il colonnello Hans Landa di Bastardi senza gloria, no, col Conte Volpe/Christoph Waltz. Povero Waltz, passato dal villain nazista par excellence a bozzetto della Morte in Rifkin’s Festival e ora ridottosi a fare la macchietta e la marionetta live action(izzata), qui usata a mo’ di figurina più caricaturale del Duce/Dolce. Guillermo trasforma Pinocchio in un manifesto politico fuori luogo a scopo capziosamente pedagogico pagato da Netflix, pensando di criticare, così facendo banalmente, ogni forma di nazi-fascismo e generando, partorendo, in maniera più volpesca di The Fox, un Bignami da liceo magistrale contro ogni war sporca e sciovinista. Che solipsista! Al che, dovrebbe, a questo punto, venire davvero in Italia e iscriversi all’università Mercatorum. Per comprendere che, dopo il diploma ottenuto col CEPU, le future psicologhe e, chissà, prossime Giorgia Meloni, sono ex tamarre cresciute a pane, pene, urla da stadio, “imboccate”, fra un bovaro, un troglodita e un amante delle zoticone, da un educatore che lavora come assistente sociale al C.S.M. È lo stesso, semmai, sposato a una frigida femminista più racchia di Rosy Bindi e di certo non attraente come la rossa Adrienne Corri di Arancia meccanica. Ah, la domanda spontanea che mi sono sempre posto davanti a ogni versione di Pinocchio è la seguente: Geppetto, il quale è notevolmente âgée, ebbe un figlio morto, sostituito poi da quello di legno, che fu adottivo oppure fu ottenuto con l’inseminazione in vitro di un figo come Hugh Grant di About a Boy, quest’ultimo in vacanza “premio”, fra una Liz Hurley e una Divine Brown, alla pari dei “carabinieri” con pettinatura fascista e “gendarmi” meridionali adoratori di The Wall dei Pink Floyd, dediti d’estate, però al turismo sessuale in Thailandia o in Scandinavia? Cosa ne sa del Toro delle chiese… italiane, ha mai visto il Duomo di Prato frequentato dalla mia compianta Nonna Margherita, emigrata al Nord e sposata a un vero Carlo, salvatosi dal fascismo, combattendo la Seconda Guerra Mondiale e svolgendo lo stesso lavoro di Sean Connery in The Untouchables al fine di permettere a mia madre e a mia zia di frequentare la rinascimentale Firenze? Firenze, patria dello Stivalone, no, dello Stilnovo, la Toscana, la regione di Dante Alighieri, Livorno, la città di Modigliani, Firenze, ove lavorò Petrarca, no, lo psichiatra Petracca della scuola di Cassano.

Capolavoro? Ora, non scherziamo, non intendo recitare la parte del moralista, dunque del Grillo Parlante.

Dobbiamo essere fintamente neorealisti come del Toro che non conosce, forse, Roberto Rossellini e volete raccontarvi bugie per non ammettere che siete Leslie Nielsen de L’aereo più pazzo del mondo?

di Stefano Falotico

 

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