Il mio omaggio particolare ad Harold Ramis: siamo identici, due burloni

Rido discretamente perché so

Rido discretamente perché so

di Stefano Falotico

Non so, accadon di quelle morti piovute dal cielo, all’improvviso, senz’avvertimento da triturarti le vertebre. Così, una volta apprese repentinamente, semmai collegandoti a un sito di notizie cinematografiche, ti coglie un forte, lancinante malore, perché il morto non è un “grande” nome, non ha vinto nessun Oscar, se non sbaglio, e girava commedie tutt’al più garbate, così si dice(va) in gir(in)o.


Girava “filmetti”, buoni per una serata con un caffettino in mano per sbrogliar, con una sana e intelligente risata, mai volgare nonostante qualche “affondo” sottilmente goliardico, il retrogusto dolciastro della vita quotidiana ove, oberato da tanti pensieri, ingarbuglianti la tua anima, sempre sull’orlo del collasso emotivo, con un “pizzicotto” di felicità e buon umore, pigliando la vita per il culo, ti afferrava “al lazo” e ti rallegrava il fegato, euforizzando i tuoi lineamenti troppo tirati da chi domani avrà altri casini pesanti.

Penso dunque al suo assoluto capolavoro, Ricomincio da capo, lo è ed è inutile che (non) ridete, ah ah (piaciuta la beffarda battuta “matriosca” di doppio senso?).

Ora, se proverete a digitare il nome di Andie MacDowell su IMDb nella chiave “Search”, vi comparirà in automatico proprio Groundhog Day, il film per cui, da database mnemonico, potremmo dire, viene associata.

Per il resto, a parte Peter Weir, ha girato stronza(te).

Insomma, Andie, sino a una decina d’anni fa era la classica bellona atipica dall’aplomb statunitense quasi da inglesina che mi sarei scopato volentieri nel mio miglior Michael “Spiritello porcello” Keaton da Mi sdoppio in quattro. Eh sì, all’epoca non era la classica strafiga da copertina, nonostante i suoi (trasc)orsi da modella e “mollarla” con facilità un po’ a tutti, ma il suo visino stimolava non poco fantasie ben oltre la comicità… sapete quando uno guarda una bella donna e pensa, fra sé e sé, senza neppure confidarlo al miglior amico-figlio di puttanazza, “Cazzo, una botta gliela darei, senza troppi complimenti, e poi le offrirei anche una doccia di dose gocciolante doppia su miscelatore gelato in pioggia bollente”. Sì, Andie sapeva il “fallo” suo, illiquidendone molti e liquidando gli stronzi, mica come ora che pubblicizza shampoo “mestruativi” da ex gattina in calore, sfibrata nel sessappiglio color “bagnoschiuma” che fu. Andie era effervescente, donna sexy ma senza dar nell’occhio, eppur “dandola” a vedere con velata lunga gonna da signora di classe brillante. Appartenente alla razza delle migliori, ché tengon nascosta la “refurtiva” con aria elegante da furbette. Eppur la scorgi, l’annusi nel naso suo arricciato su labbra dal rossetto rosato ché vuol arrossirtelo con far(d) maliardo e osé. Sì, diciamocelo…, nel letto i suoi orgasmi avrebbero spaccato di urla anche gli amplificatori delle casse Sony, casa sweet home. Bando alle chiacchiere da donnette, evviva Marlon Brando, Andie è sempre stata una da Bill Murray, un campione della buffoneria con però un che di carismatico da appagar la donna anche sol toccandola col “guanto” della sua facciona da schiaffi, anzi da “sberlona”.

A parte le cazzatone e i cazzotti che riceverò, se bussasse a casa mia per un pomeriggio “movimentato”, anche ora che ha le zampe da gallina, le cucinerei un bel “brodino”…, col dessert del mio “burrocacao” scremandola di soffice “budino”. Andie è ancor buona… Ah ah, sono un marpione, un gattone Garfield per le coccole di “fusa”. Ascolto musica leggera, tamponandole di rock su strimpellarlo in andatura jazz. ‘Sti cazzi!

Ce la vogliamo dire tutta? Sono un uomo che è riuscito a concretizzare il binomio da intellettuale alla Woody Allen di Manhattan a schizzato (im)pentito da Paul Vitti, tendente al “ma(ia)le”. Possiedo un’erudizione da Billy Crystal geniale, arruffianandomele tutte su cultura “arruffata”-ammiccante da sobrio one man show con le gambe “accavallate” e la pipa in bocca, affascinante perché irresistibile testa di cazzo lì andando a parar “pen(s)ante”. Sì, le donne non amano i tipi troppo muscolari anche se non disdegnano le dimensioni del muscolo per antonomasia. Prima di tutto… tutto tutto, guardano al cervello. Se sei un testone, basta che tu non sia però un tardo testardo, cioè un coglione, te la fan tastare dopo tre parole auliche che hai rubato dal vocabolario Treccani. Eh sì, le cagne migliori adorano il cagnolino di efficienti neuroni, diciamo che lo reputano, secondo la legge evolutiva darwiniana del “Te la do se mi tira il tuo cranio sapiens sapiens”, più appetibile per imboccarselo sotto le copert(in)e rimboccate. Testa da declinar in testicoli… Da cui gli angoli smussati delle orecchie di Andie… questa non l’avete capita, l’ha capito lei… eh sì, quelle riviste di moda, ove esibiva il sorriso ai massimi carati, emanavano la seguente, irrinunciabile regola d’attrazione topica della topolona leggermente puttanina: “Ti sto sorridendo solo se tu sai guardare oltre l’apparenza, ti sto chiedendo più di una sega, non solo mentale, ti voglio intellettualmente stimolante, solo così potrai leggermi all’interno…”.

Donne così ti sfiancano, fidatevi. An(n)i fa, ad esempio, la mia ex, prima di stantuffarla, pretendeva che le scrivessi delle lunghe lettere d’amore degne di Leopardi. Insomma, ti rendeva prima pessimista cosmico eppur colto su cotto frustrato-falso innamorato quando invece volevi solo fotterla da Silvia mi rimembri, poi le potevi dar il “membro” non tanto depresso… Sarà per questo che al romanticismo ho sempre preferito l’ermetismo. Almeno, se sei ermetico, ti fai i cazzi tuoi, e gli altri non capiscono un cazzo dei tuoi ragionamenti. Più di tanto però non duri, perché le donne prediligono, di (di)letti, quelli… più estroversi e non d’un ver(s)o tipo da topo: “Stamane, immanentemente, venni alle mani”. Una strofa che non va bene alle “acculturate” scrofe. Devi esser più diretto e ritto…

La mia ex era una bella f(at)ica, sapete? Ne valeva la pena di così spremer le meningi del pene?

Ah, sicuramente meglio di tanti femministici monologhi delle vagine. Quelle che parlan sempre e poi non te la… “sparano”, son tutto fumo e niente arrosto. Ora, è per questo che un Boss sotto stress è un grande film.
Chi l’ha reputato mediocre, non può capire la respirazione “bocca a bocca” dello stato paranoico da romantico alla West Side Story. Cioè… se l’uccellone “mafiosetto” tieni in gabbia, dopo la crisi di scompenso catatonico, diventa irrequietamente (im)mobile. E nessuna cura può addomesticarlo…
Da cui il detto, tira più un pelo di femminuccia che i buo(n)i.

In poche parole, Harold era un genio. Uno che, con le sue battute delicate, rompeva i “coglioni”. Beffardo, goliardico, ultimamente anche ingrassato di lardo. Da cui il detto, e la data, tanto va la gatta al lardo che ci lascia lo zampino.

Ora, devo rendere carnale il mio ghostbuster in mezzo alle gambe.
Ciao.
Firmato Falotico, testa di cazzo come poche…
Eh già, sono “imbarazzante”. Vi racconto questa anche se, oggettivamente, era meglio l’altra…

M’invitano a una festa e faccio il Belushi, ex amico di Harold.

Mi avvicino a questa e mi presento così:

– Ciao, sono Stefano. Chi sei? Come stai? Fra quanto me la dai?

– Come ti permetti? Io sono una donna laureata, in carriera.

– Anche in cerniera. Cioè, hai studiato per averne… tanti. Manco io alla “cappella”. Chi è già nell’appello? Ah, capisco, quello… l’hai già ridotto simil osso buco, infatti è un “dottore”, alla “penicillina”. Non gli hai sbucciato la patatona.
Il suo amico me ne ha date. Tante, più accontentabili. Meno da bile.

Io non cambio, tendo a “buttarla” a ridere.

Fidatevi: fra un romanzetto Harmony, buono solo ai leccaculo delle manze ipocrite, è meglio Ramis.
Sa come prendere per il popò su far bifronte da apparente ippopotamo. Il fallo è, oh, scusate, il fatto è che nessuno/a se ne accorge. Eppur la proboscide ci sta.
Così, scambiano Umberto Eco per un grande e i commedianti per dilettanti. Non hanno capito un cazzo della vita.

Secondo voi, a Umberto Eco ha mai tirato davvero il culo? Secondo me no.
Mi chiedono se ho letto, allettandomene, “Il pendolo di Foocault”, masturbazione oscillante e mai centrante. Lì a focosa burocratizzante.
Rispondo che preferisco il caz’ in cul’.
Anche se faccio un lavoro da pendolare. Sapete, adoro la sincerità trombante, che sa girarci attorno nel tergiversare ma senza palle micidiali da tromboni.

  1. Terapia e pallottole (1999)
  2. Indiavolato (2000)
  3. Qualcosa è cambiato (1997) Harold, in vesti cameo, ha preso a cuore la situazione della donna che scopo. Anche se avrei bisogno io della cosiddetta iniezione. Di fiducia e anche di pensione. Sono nevrotico, sono una merda, sono fascinoso alla Jack Nicholson.

 

 

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