“Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, recensione

Midnight, good, evil, life and death in this magical land

Da Ungorgiven in poi, il Cinema di Eastwood si tonifica, aggrottato in notti bianche d’esoterico peccaminoso, su rive mistiche dell’oscillazione lapidaria, smarrita, scalfita d’ogni illusoria lindezza, fra crepuscoli delle arrugginite ma lucidissime tempie, patibolari in straziato guaire inascoltate, “corrugato” dentro e a messianica energia sussurrata in prodigiosa adorazione della virtù consacrata alla morale “reazionaria”… ch’è solo l’intrepido arrampicarsi del cavaliere pallido fra i laghi increspati della corrotta società. Ghiacci e polvere, speroni “disinfestanti”, un Dio con occhi torvi e all’apparenza minacciosi, beffardo ghigno del lupo che sputa il sangue degli sconfitti nella scandita sua roccia in passi d’impronta e tatuaggi indelebili sulle scomparse ombre.

Il suo Cinema profuma d’integrità e smaltata, principesca aura romantica, dunque da “vinto” Cavaliere “amorfo”, scabroso, sì, e di qual rabbia elegante effonde in fotografico, atmosferico, combattente e mai stremato, arreso Cuore intatto. Nobile, fiero, eburneo, “patetico” in vesti registiche fin troppo sottili, quasi muliebrità sensibilissima ai moti onirici della Bellezza. I ponti di Madison County (rimembrarlo) a lustrare il Tempo d’una dolce “dissipatezza” grandiosa. Enorme e gigantesco titano che ci e si commuove alle emozioni, denudate in vertiginosa spudoratezza “a scena aperta”, sconfinata come le praterie solitarie del vecchio e fradicio West nell’innervato arcuarsi suo a cavalcare panorami-che intense, vivissime, accorate, rinascenti su mo(ni)to profetico, allucinazioni visive di stordentissimo inebriarci sin a elevare il Male, la marea dei dolori taciuti in catarsi di soffusa delicatezza.
Qual immensità è il suo Cinema “banale”, “artigianale”, da “mestierante”, solido fra gli stolti come una fragile punta di diamante nell’Iceberg di chi “svetta” dietro, quella sì, retorica per applausi facili, mercificati e d’aria fritta da contrabbando delle plagiate anime asservite  alla cortesia “piacente” ma invero ruffiana. Falsari!

Cinema soltanto “arruffato” e dunque camuffato d’opaca “brillantina”.

Clint non necessita di sotterfugi effettistici, va dritto al sodo, scuoia l’essenza dell’esistenza a imperiosa, gagliarda voce “silenziosa”. Sleeper fra tante immagini “pubblicitarie” dello scontato immaginario… che poi dimenticano tutti.

Ed ecco che, dal “cilindro” del suo cappello bounty killer, “nero” ma bianco come un’indimenticabile, lirica melodia di nuovo revenant, estrae questo Mezzanotte asciutto, “scremandolo” a sfumata ambiguità. Ancora Lei a occhieggiare, a turbarci d’incubi.

Un capolavoro “sonnambulo”, che respira fra e-letti del gusto ricercato, wanted in sopraffina magnitudine, destinato ad “avverarsi”, a “denti” addentrati, anche fra gli occhiolini dei dormiglioni spettatori pigri nella buonista culla.

Fra chi vive in “cella” la sua anima e la gode solamente di stupide inezie, ah, che sconcezza dinanzi al Maestro “triste”.

Perché un film così lungo ambientato, di riti “voodoo” stupidi, ove non succede nulla, cioè a Savannah, very New Orleans? Clint è impazzito? Abbandona la “ruggine” per studi entomologici della stramba fauna d’una città oramai “superata?”. Sepolta e maledetta?

Padroncini senza cagnolini al guinzaglio ma col collarino?

Ah sì, Clint è rincoglionito.
Certo, come no.

Chi crede più ai riti, alla scaramanzia, alla superstizione? Alle croci, ai valori, alla “cronaca” che vuol rivelare il vero? Alla gente “moderna” interessa il primo responso “giornalistico”. La notizia dev’essere “diretta”, immediata, assolutoria e tale si bevono. Anche perché non han voglia d’indagare né farsi sangue amaro…
Meglio i bicchierini nei cocktail “peperini” delle “limonate” fresche di “stappo” e da “stampa”.

C’è stata una festa, c’è scappato il morto. Il morto era, forse, l’amante del riccone. Chi se ne frega? Abbiamo asso(l)dato. Addio. Solo calci nel culo, se non vorrai accontentarti dello stipendietto. Parla come mangi e non sputare nel piatto in cui guardi il pasto nudo.

No, no, scendiamo in profondità. Sono curioso.

John Cusack è il “ragionierino” degli articoli da sagra del “sagrestano”.

Deve annotare la “geografia”, agiograficissima e superficiale, d’una semplice festa di Natale, organizzata da un “potente” di lusso.

Avviene però il losco “fattaccio”. Nel “durante”, qualcosa di brutto accade. Già, mentre si cazzeggia, qualcuno non scopa ma viene sparato ammazzato. In mezzo agli schiamazzi, nessuno ha sentito un cazzo.

Billy, il “servo della gleba” a totale servizio del Kevin Spacey più furbetto, schiatta però. Di “crepacuore?”.

Mah, c’è il “ma” dell’omino anonimo, Cusack. No, John non ci sta, vuol vederci chiaro.

Ottiene il permesso di far l’investigatore “Marlowe” sudato e sfigato, fra torride donne bizzarre, una bionda ammiccante, e altri provocanti guai.

Anche un travestito fra tanti travestimenti e ricevimenti.

Con tanto di avvocati e processi. Quanta carne al fuoco! Al Diavolo tutti!

Il ricco, “tenuto in fermo” per constatare se era infermo o solo colpevole di “legittima difesa”, assolto vien liberato dal carcere… infernale.
Appunto. Sì, sì, il diario del taccuino è completo.

Bene, sistemata la faccenda, torniamo a casa nostro rompiballe palloso d’un Cusack?

Ma sì, è stata una vacanza anomala ma “divertente”. Non dirmi che non te la sei spassata? Ottimo. Adesso, ti tocca la vita “normale” di tutti i giorni. Buono e zitto. Non mettere zizzania. Mangiati la frittata e basta.

Intanto, il ricco “festeggia” ancora. L’infarto gliene coglie, e uno spettro angosciante gli appare.

Da non chiuderci, come dico io, (un) occhio.

“Buonanotte”.

(Stefano Falotico)

 

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