MILLION DOLLAR BABY, recensione

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Ebbene, oggi recensiamo uno dei grandi film firmato Clint Eastwood, ovvero l’oramai celeberrimo Million Dollar Baby.

Film della durata di due ore e dodici minuti, uscito sui nostri schermi nel 2005, esattamente il 18 Febbraio.

Sceneggiato da Paul Haggis (Crash) e vincitore incontrastato, nella manifestazione degli Academy Awards della suddetta annata, di quattro Oscar assolutamente meritati, prestigiosi e sacrosanti, ovvero quelli per miglior film, miglior regista, miglior attrice protagonista e miglior attore non protagonista, Million Dollar Baby è un film avvincente, emozionante e oltre ogni dire struggente.

Million Dollar Baby, nella competizione appena menzionatavi, per l’appunto stravinse. Sbaragliando una concorrenza agguerrita formata, fra gli altri, dal considerevole The Aviator di Martin Scorsese e dal bel Ray di Taylor Hackford.

Permettendo a Eastwood di replicare la sua vittoria, nella categoria di best director, dopo l’indimenticabile e immortale suo trionfo avvenuto, circa una decade prima, con Gli spietati.

Scritto, come dettovi, da Haggis e tratto liberamente da un soggetto di F.X. Toole, pseudonimo in verità dell’ex boxeur e poi coach di pugilato Jerry Boyd, il quale per l’occasione rielaborò i suoi racconti raccolti nell’antologia da lui intitolata Rope Burns, Million Dollar Baby è uno di quegli instant classic entrati immantinente nel cuore di chiunque, imponendosi peraltro immediatamente come caposaldo intoccabile della sterminatamente pregiata filmografia stellare del mitico, immarcescibile Eastwood.

Trama:

siamo nella Los Angeles dei primi anni del nuovo millennio. In una palestra un po’ diroccata, fatiscente e anche leggermente puzzolenta, vivacchia il vecchio, disilluso ex pugilatore Frankie Dunn (Clint Eastwood). Un duro però, come si suol dire per certi tipi che tradiscono presto la loro apparenza soltanto superficialmente, graniticamente burbera, dal cuore tenero.

In questo luogo un po’ dimenticato da dio, porto d’attracco di ragazzi spesso disperati che sperano ardentemente di emanciparsi socialmente, combattendo per le loro dignità attraverso i pugni dell’arte nobile, Frankie svolge stancamente la professione di talent scout. Allevando le grandi speranze di chi forse non avrà mai una chance nel duro, ostico e feroce ring della vita tosta.

Frankie ha un solo amico da tempo immemorabile, l’altrettanto attempato Scrap (Morgan Freeman).

Per pura fatalità, Frankie s’affeziona alla cameriera Maggie (Hilary Swank), ragazza dal cuore d’oro e dalle tenaci ambizioni pugilistiche…

Inutile osannare e giustamente incensare Million Dollar Baby o svelarvi il finale ad altissimo tasso di epica tragicità iper-toccante da pelle d’oca.

Come scritto, è un classico e dubitiamo che esistano ancora persone che non l’hanno ancora visto. Dunque, ogni altra parola di encomio, risulterebbe superflua, ridondante e pletorica. Oltremodo retorica.

Million Dollar Baby, inoltre, se vogliamo giocare di parole, sfiora la retorica in molti punti ma, grazie all’assai sottile e superbamente calibrata, magistrale classe cineastica di Eastwood, elude le trappole del Cinema emotivamente ricattatorio in virtù anche d’una messa in scena di rinomata scuola.

Impeccabile e decisamente suggestiva fotografia di Tom Stern (Changeling, Hereafter).

Questa è la mia recensione, secca e succinta ma esaustiva e incisiva. Se non vi sta bene, rivolgetevi a Instagram e godete di donne succinte che sperate di (non) mettere incinte.

 

di Stefano Falotico

 

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