INDIANA JONES & il Quadrante del Destino, recensione

Ivi, sganciato da vincoli editoriali, libero come un delfino, inseguo la creatività recensoria più libera. Giocando, nel finale, di voluta demenzialità, per modo di dire, innocua. Scrivendo quindi una review tipicamente mia.Indiana Jones Quadrante Destino poster

Ebbene, il sig. Harrison Ford, autodefinitosi sboccio ritardato, classe ‘42, il quale dunque compirà ottantatré primavere nell’immediato, ovvero la prossima settimana, più precisamente nel dì del 12 luglio assai venturo, qui è catapultato in una nuova avventura del professor Jones. Uno dei suoi maggiori personaggi iconici, il più rappresentativo della sua vasta, eppur a ben vedere nemmeno così prolifica, filmografica carriera attoriale. Forse, perfino il più importante a livello d’immaginario collettivo suscitato non solo nella generazione appartenente alla collocazione temporale de I predatori dell’arca perduta. In ordine cronologico, no, storico, no, per l’appunto iconico, Indiana Jones primeggia infatti, a mio discutibile avviso, al primo posto del podio fordiano, svettando fra Han Solo (Ian, nella versione italiana della saga di Guerre stellari) e il suo “androide” umanissimo, detective privato avveniristico di Blade Runner. Capolavoro immarcescibile di Ridley Scott che non fu sviluppato in un franchise ma originò l’impensato, qualche anno fa finalmente realizzato, interessante, anche se probabilmente irrisolto, di certo non irrisorio, sequel denominato… 2049, da Denis Villeneuve firmato e, ovviamente, dallo stesso director del capostipite e di Alien… patrocinato. Tornando invece a questo quinto capitolo dedicato alle peripezie del dr. Jones, dopo la tetralogia a cura di Steven Spielberg, quest’ultimo, sempre immancabilmente produttore (che furbone), consegna a James Mangold tale proseguo. Mangold, un nome che, ahinoi, a distanza oramai di quasi quattro decadi da Dolly’s Restaurant, malgrado il notevole, all’epoca sottovalutato però, Cop Land, e tante pellicole più o meno pregevoli, quali per esempio il biopic su Johnny Cash, intitolato Quando l’amore brucia l’anima – Walk the Line con Joaquin Phoenix, i suoi due movies dedicati a Logan, alias Wolverine con Hugh Jackman, oppure Le Mans ‘66, è inspiegabilmente un nome che non dice quasi nulla ai cosiddetti cinefili. Soprattutto dell’ultima ora. Ma cinefili di che? Se non conoscete Mangold, peraltro autore del bel remake Quel treno per Yuma, lasciate stare la settima arte e prendete una foto di Liv Tyler degli anni novanta e dell’esordio mangoldiano succitato per eccitarvi, strabuzzare gli occhi e muoverli come Pruitt Taylor Vince, ah ah.

Indiana Jones and the Dial of Destiny dura la bellezza di 154 minuti netti, abbastanza scorrevoli e godibilissimi, checché ne dicano le malelingue e, per l’appunto, gli improvvisati, pseudo-critici di oggi. Che Carmelo Bene, se fosse ancor in vita, definirebbe così come già definì quelli di allora, cioè dei becchini-monatti senz’arte né parte, eletti a giornalisti forse della loro mortuaria vita fac-simile rispetto a un’esistenza vera e propria. Il critico di ieri e di oggi, infatti, è uno zombi vivente, una specie di uomo non senziente, quindi demente. Le ridicole considerazioni di questa falange di esseri putrefatti, perciò, in merito a questo film, sono inesistenti, oso dire inconsistenti. Fragilissime ed evaporanti come neve al sole. Per quanto mi concerne, mi par invece irrilevante starvi a specificare i dettagli di tal Indiana… Sarei pleonastico e immotivatamente, giustappunto, banalmente giornalistico…

Per saperne la trama, guardate il film, altresì, per conoscere i writers della sua sceneggiatura e per venire a conoscenza di qualche curiosità e/o dettaglio tecnico, affidatevi a Wikipedia. Ne ricaverete una sommaria infarinatura da Matusalemme mausolei qual siete, cari uomini e donne privi di fantasia e soprattutto, ripeto, morti dentro da tempo immemorabile e irrecuperabile più del Graal…

https://it.wikipedia.org/wiki/Indiana_Jones_e_il_quadrante_del_destino

Allora, avete letto tutto, analfabeti e archeologi del vostro essere delle mummie imbalsamate da Carbonio-14? Partiamo dagli attori, innanzitutto tenendo Harrison quasi per ultimo…

Waller Bridge quadrante destino Ford

Phoebe Waller-Bridge è sexy? Macché, è insipida e financo poco simpatica. Comunque, se si spogliasse interamente ignuda dinanzi a me, mi darei a un’ispezione da “speleologo”. Mads Mikkelsen è un bravo attore ma non mi piace molto. Piace invece alle donne. Ca… li loro, anzi, il suo se glielo darà, no, sempre che glielo dia, se dio o lui vuole, ah ah. All’appello ci mancava solo Antonio Banderas, oramai mister prezzemolino ma, specialmente, sempre più bruttino e vecchiettino. Mentre Harrison invecchia come il buon vino? Purtroppo, no. Sembra più stagionato d’un pessimo Chianti da Hannibal versione Mikkelsen o in quella insuperabile, originale, a prescindere da Brian Cox di Manhunter, di Anthony Hopkins? Poi, diciamoci la verità, per quanto Julianne sia e fosse bella, non poté e non può competere con Jodie Foster, mentre sir Anthony girò Hannibal del già menzionato Ridley Scott soltanto per ubriacarsi, da ottimo ex alcolista redentosi (?), scolandosi, in quel di Firenze e appenino toscano limitrofo, eh eh, non solo i vini migliori, bensì anche le donne da osteria più adatte alla sua “signorilità” da Balanzone ubriacone. Ma che sto dicendo? Non perdiamoci… Il film si perde nella parte centrale ove Mangold, memore degli impresentabili inseguimenti stradali di Innocenti bugie con Tom Cruise, in tali strade, no, in questa circostanza rocambolesca e non poco grottesca, non si dimostra all’altezza dei vari Mission: Impossible… Per Harrison pare impresa improba, diciamo pure inverosimile, essere credibile nelle scene d’azione senza ringiovanimento facciale ma l’incipit di tale pellicola è superbo. Sì, non scherzo. Potrete e possiamo assistere, infatti, al “nano” Toby Jones (sì, ha lo stesso cognome di Indiana) che corre su e giù per un treno, anche sopra esso, con destrezza da controfigura di Harrison Ford del tempio maledetto… Prodigioso, oso dire, una stronzata clamorosa! Boyd Holbrook… non è quello del Predator non ca… to da nessuno e il “figlio” del personaggio di Ed Harris in Run All Night con Liam Neeson? Sì, in quest’ultima pellicola, veniva quasi subito fatto fuori. Ca… o, pensavo fosse morto! Ancora lo chiamano per “recitare?”. Non era stato invece assunto, da redivivo, alla gelateria del quartiere Lame, Belli Freschi? Naturalmente, hanno anche richiamato Karen Allen. La quale giammai si riprese dopo aver perso il suo “doppio” Jeff Bridges di Starman. Da allora, infatti, vagò e vaga da sola in casa, impazzita totalmente e vedendo, in modo allucinatorio, soprammobili volanti a mo’ di UFO di Incontri ravvicinati del terzo tipo, inoltre riguardando Poltergeist di Tobe Hooper. Ma quale Hooper! È di Spielberg con la firma del regista di Non aprite quella porta. Sì, meglio non aprire la porta di casa di Karen Allen. Oggigiorno, la sua faccia fa più paura di quella di Leatherface. The Texas Chainsaw Massacre! No, non voglio massacrare… il Quadrante del Destino, è completamente salvabile, non va stroncato o segato ma, ribadisco, con tutta onestà, dovete credermi, è molto amabile. Ah, scusate, mi son dimenticato di John Rhys-Davies. Aveva già la faccia del vecchio in… The Last Crusade, adesso riappare, no, appare più giovane, senza CGI, di quando era, fisicamente, più rimbambito del Ford odierno.

In conclusione: ne vogliamo parlare perché mai Banderas decise di parteciparvi per 10 min. scarsi? Voto 7 e, bando alle ciance e alle ipocrisie, la sgallettante Waller-Bridge se non avesse, come me, il naso lungo e non sfoderasse spesso espressioni da S. Chiumenti, ovverosia una mia ex compagna delle scuole elementari secchiona e, francamente, rimasta racchiona, sarebbe un’incontestabile figona e sensuale guagliona arrapante. Il corpo c’è tutto, il corpus recitativo assai meno e il viso fa schifo al c… o. No problem, basta un cuscino sopra. Anzi, per me il problema non sussiste. Non ho i soldi per invitarla a cena, se mai eventualmente un giorno la incontrassi al Festival di Venezia. Credo, infine, che Calista Flockhart sia stata gelosa di Phoebe durante le riprese di questo film. Perché Harrison è ancora un bell’uomo? No, perché Phoebe, pur di sistemarsi definitivamente a Hollywood, un servizietto al Matusa da sarcofago… probabilmente glielo avrebbe fatto e, chissà, glielo fece perbene…

Da cui il “filmino”, ricercato più di …The Lost Ark e del “vaso di Pandora” d’Archimede, vale a dire Indiana Jones & l’ultima trombata... in ogni senso, anche quello b. Ah ah. Il film non merita un hiphipurrà ma sicuramente un Eureka?

di Stefano Falotico

 

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