HAMMAMET, recensione

Ebbene, ivi nuovamente sganciato da pedanti, costrittivi, spesso limitanti vincoli editoriali, mi cimenterò ancora una volta in una recensione flamboyant riguardante il film presto, ovvero nelle righe a venire, personalmente disaminato, spero in forma originale, “istruttiva” e al contempo tra il serio e il faceto. Ma la parola falotico, in italiano, esiste? Sì, è il mio cognome e, se consulterete un buon vocabolario, comprenderete che è sinonimo di stravagante, bizzarro e fantastico. Da cui, (cog)nomen omen. Eh eh.

Coniugando, come si suol dire, l’utile al dilettevole, mescendo la serietà a qualche tocco immancabile d’ilare “follia” recensoria non demenziale, bensì esilarante, ecco a voi una review giocosa.hammamet locandina

Sto iniziando un percorso “faviniano”, cioè pian piano sto recuperando i film con Pierfrancesco Favino che, per un motivo o per l’altro, sfuggirono alla mia visione ai tempi della loro uscita nelle sale. In attesa di assistere, all’80.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, all’ultimo opus con Favino, giustappunto, assoluto protagonista, vale a dire Comandante di Edoardo De Angelis, dopo aver visto, nelle scorse ore, Hammamet di Gianni Amelio (Così ridevano), voglio parlarvene… in maniera politicamente scorretta in senso lato. Forse b? Con qualche puntata televisiva? No, nel trasgressivo più innocuamente goliardico.

Dopo Il traditore di Marco Bellocchio, da me recentissimamente analizzato, ripeto, in forma sempre molto personale, film quest’ultimo dell’anno precedente, ecco che Favino collaborò con un altro cineasta della “vecchia guardia”, il succitato Amelio, il quale, parimenti a Bellocchio, è da sempre affascinato da tematiche socialiste, eh eh, no, socio-politicamente spinose e rilevanti. Così che, se Bellocchio ritrasse Tommaso Buscetta secondo la sua ottica, addentrandosi in una scabrosa narrazione peculiare, perfino opinabile ma del tutto coraggiosa, di Cosa Nostra, il director de Il ladro di bambini si diede a nientepopodimeno che al “criminale” Bettino Craxi. Sebbene, così come opportunamente osservato su Wikipedia…

La pellicola racconta gli ultimi sei mesi di vita del politico italiano Bettino Craxi, interpretato da Pierfrancesco Favino.[1] Nel film nessuno dei personaggi direttamente ispirati alla realtà è chiamato con il proprio vero nome; la figura di Fausto Sartori non fa riferimento a nessun personaggio reale ed è un espediente narrativo voluto dal regista in funzione di “antagonista”.[2]Hammemt Favino Gerini Livia Rossi Favino Hammamet

Allo stesso modo de Il traditore, basato su un soggetto e una sceneggiatura originali ad opera dello stesso suo registico autore, Amelio, per questo Hammamet, ne scrisse di suo pugno lo script, avvalendosi però, a differenza di Bellocchio (totale factotum), della collaborazione di Alberto Taraglio. Da non confondere con Marco Travaglio…

A proposito, invece, della sopra menzionatavi Wikipedia, se voleste affidarvene per leggerne “dettagliatamente” la trama, recatevene e forse, malgrado la celeberrima sommarietà della famosa enciclopedia generalista appena suddetta, se non avete mai visto il film, per colpa degli spoiler in essa inseriti, specialmente nel finale della stessa, vi sciupereste tutto in men che non si dica… Ecco che, come ne Il traditore, le musiche sono firmate da Nicola Piovani in un intersecarsi di amicizie, non mafiose ma, giocoforza, scaturitesi per lavorative conoscenze e legami comuni a loro volta ingenerati dall’inevitabile bazzicare, professionalmente e poi consequenzialmente in termini, giustappunto, amicali nativi, la solita cricca di onesti ruffiani…

Ecco perché Luigi Lo Cascio, qui però assente, fu per esempio presente ne Il traditore e ne Il signore delle mosche, no, formiche… Hammamet è in Tunisia, è ovvio, e in questo Stato la gente prega nelle moschee. Anche a Bologna se è musulmana. Infatti, da molti anni oramai a questa parte, hanno elevato una sinagoga nel quartiere Lame-Navile a poche centinaia di metri da casa mia.

Ogni venerdì santo prima di Pasqua, nel periodo quaresimale, no, nel giorno di preghiera per i credenti in Allah che mi salutassero Hammamet, no, a mammata, per dirla in meridionale un po’ triviale, le vie della mia zona s’intasano a dismisura, creando una congestione stradale e varie spaccature nel mio fegato, già da tempo immemorabile, eh eh, amaro, soprattutto sollecitando enormemente la “fermentazione” di questi coglioni islamici, no, dei miei testicoli spappolati in rotta d’esplosione.

E il sottoscritto, pur essendo ateo, bestemmia e urla p… co Dio!

All’unisono, gridando:

– Toglietevi dalle palle e togliete, maiali, il burka alle vostre donne. Non mangiate carne di maiale, non solo durante il Ramadan ma in tutto l’ann’, e le vostre donne forse non sono delle porcelline ma meritano di farsi vedere in viso, alcune sono delle fighe della madonna, maledetto Giuda ladro! Almeno, se dobbiamo sostare mezz’ora perché attraversate, a passo di lumaca, le strisce pedonali, desideriamo che non escludiate dalla circonvallazione, no, dai vostri riti tribali, le vostre compagne “castrate”. Sì, esse non sono ammesse al culto dei maschi che pregano… affinché una loro “moglie” non sia bella come Halima Aden. Mădălina Diana Ghenea, invece, è rumena e i rumeni non piacciono a Giorgia Meloni e a Matteo Salvini. Ma l’ex donna di Salvini fu Elisa Isoardi e, sebbene sia antipatica, va ammesso che non ci sono santi che tengano, è bella in modo paradisiaco e sprona indubbiamente a qualcosa di “caldo” come l’inferno e la lava (ri)bollente d’un eruttivo vulcano deflagrante. È difficile essere Buddha e raggiungere la pace dei sensi spirituale, il cosiddetto Nirvana della min… hia, dirimpetto all’Isoardi che, semmai su un’Elisa, no, isola tropicale, mostra il suo bikini da sexy bomba atomica e fa l’occhiolino da birichina monella assai volpina… Comunque, non è una sgualdrina. Sì, Salvini fu razzista perché l’Isoardi è una bellezza al bagno, no, come direbbero i porcelloni di Bologna, italiani di origine controllata, “da stupro” e da espressioni come Dio porz e maial’. Matteo, da maschilista irredento, all’epoca del fidanzamento con Elisa, eh già, molto ridente, voleva cacciare via dall’Italia tutti gli extracomunitari per cancellare almeno una buona fetta degli ammiratori della sua bella fig… tta. Ciò fu evidente. Tutt’ora, Matteo fa la prima donna e predica, (d)a San Pietro, no, da finto Dalai Lama per il “bene” della nazion(al)e. Criticando lo Stivale, no, gli stivaloni delle donne più rifatte d’un trucco alla Sergio Leone, no, Stivaletti. Come dico io, se vota(s)te certa gente ipocrita, avrete pene e poco pane, per consolarvi, leggerete i saggi orientali come Osho e non quelli monografici su Bellocchio & Amelio, mentre la Meloni vi tratterà da bambagioni, non avrete neanche i soldoni per mangiare prosciutto e melone. Giorgi(n)a dichiarò che, dopo l’alluvione in Emilia-Romagna, avrebbe sanato la situazione, elargendo molti milioni… Siamo arrivati ad Agosto e gli unici quattrini che gli alluvionati hanno “avuto”, eh già, li hanno visti col binocolo dei suoi leccaculo sullo yacht.

D’Alema non aveva i baiocchi di Berlusconi, certo, ma viveva comunque molto agiatamente nel (Bel)paese dei Balocchi. Recitando sia la parte di Lucignolo che di Pinocchio, di Mangiaf(u)oco e de Il gatto e la volpe. Pontificando assieme a Nanni Moretti che gli dava manforte ma, in Aprile, lo spronava a rispondere all’amico di Bettino… Che gran casino. Nel mezzo, c’era anche di Pietro Tonino. Ci fu Il caimano, Tangentopoli e Paperopoli, il Falotico non è un cretino ma a Bologna, ripeto, bisognerebbe fare come quello di Taxi Driver, alias Travis Bickle, sì, De Niro ma io non deliro. Ora ci sono gli Euro ma la gente ha sempre, in tasca, poche lire. Io amo la scrittura lirica. Sì, basta con la prostituzione non solo minorile a mo’ de Il ladro di bambini, dei farisaici uomini che non vogliono che le loro donne siano libere, basta persino con quelli che ce l’hanno profumato, no, con quelle persone che ce l’hanno contro pellicole del c… zo come Barbie ma stanno assieme alle sbarbine.  E Renato Carpentieri, stagionato, eccome, eppur sempre rinomato, non fa il carpentiere, neppure il cameriere, forse ascolta Sergio Cammariere, non è Nic Cage di Stregata dalla luna, alias Cammareri, bensì è un gran attore dal navigato mestiere ma lavorò sia con Sorrentino, a Napoli vicino a Sorrento, che con Sophia Loren nella sua ultima interpretazione da ex donnone ora, sinceramente, vecchiona. Capito… la Scicolone?

Prima di morire, recitò la parte dell’ex put… one divenuta gran signora buona di cuore, diretta di nuovo dal figlio Edoardo Ponti in La vita davanti a sé. Quale? Eh eh.

Ora, facciamo i seri e analizziamo questo filmone. Insomma, buon film ma non eccezionale, spesso lento, banale eppur a suo modo affascinante e al contempo superficiale. Ma procediamo con calma. Sintetizzandovene la trama in poche ma esaustive righe, mie figliuole.

Il film inizia nell’89 con Bettino (innominato, non dei Promessi Sposi, qui denominato solamente Il Presidente), ancora allo zenit del suo splendore o all’inizio del suo definitivo tramonto e tracollo agghiacciante. Bettino si trova al quarantacinquesimo Congresso del Partito Socialista Italiano. Dopo tal suo comizio tenutosi all’Ansaldo di Milano, terminato con successo e applausi a scena aperta, forse farisei, viene avvicinato dal malinconico, probabilmente sol amaramente realista e tremendamente obiettivo, Vincenzo Sartori (Giuseppe Cederna). Che lo mette in guardia, riferendogli che i suoi amici altri non sono che doppiogiochisti pericolosi. Sartori vuole suicidarsi.

Dunque, con un veloce salto temporale, arriviamo in quel di Hammamet ove Bettino è stato esiliato per le ragioni a noi tutte note. Nella sua reggia eremitica, vive con la moglie (Silvia Cohen) e sua figlia Anita (Livia Rossi). È perennemente scortato e a vista guardato, tranne quando permette ai suoi sorveglianti di non “rompergli oltremodo e illecitamente le palle”, eh eh, poiché, qualche volta, devono pur permettergli di gironzolare a piede libero, tanto non può scappare. Che andassero in qualche bettino, no, bettola.

Oramai, Bettino è condannato alla sua fastosa prigionia ergastolana in seguito allo scandalo di Mani Pulite. È un Napoleone Bonaparte ante litteram. Fu uno stratega e un imperatore sesquipedale, un gigante or nanizzato e ostracizzato. Ma è arrabbiato in quanto convinto che non era il solo che meritava tale fine ingloriosa e questa incarcerazione sui generis, altresì dolorosa e ignominiosa. Prova ad aiutare un bambino, proclamandolo suo beniamino ed elevandolo al rango, si fa per dire, di Generale. Tentando di salvarlo dalla sua timidezza triste e angosciante. Lo fa per pulirsi la coscienza o perché, semplicemente, malgrado tutto, è un uomo che, seppur stanco, affaticato, malato di diabete ereditario, psicologicamente distrutto e vinto, crede alla purezza in un mondo inquinato alla base da una mefitica, inestirpabile colpa ancestrale? Intrattiene anche lunghe conversazioni e instaura una bella, empatica amicizia con un ragazzo problematico, un po’ spostato o forse troppo sensibile e a posto in un mondo, ripetiamo, lercio e sporco, un ragazzo da poco dimesso dall’ospedale psichiatrico ove fu momentaneamente internato e ricoverato. Il ragazzo si chiama Fausto (Luca Filippi) ed è il figlio del suo ex amico suicidatosi (?) e succitato, Vincenzo. Fausto riprende Bettino con una videocamera e Bettino, a briglia sciolta e in totale, cruda schiettezza, in piena e disarmante sincerità a tratti financo commovente, confessa e confida a Fausto la sua ingiustizia, svelandogli le ipocrisie di un sistema, non solo politico, completamente marcio e bugiardo.

Assistiamo anche all’apparizione della sua amante giovane (Claudia Gerini) e, verso il finale, viene a fargli visita un uomo, chiamato Il Politico (Carpentieri).

Ripieno di battute ficcanti, di memorabili, sebbene troppo apodittici e scontati, aforismi sia divertenti che velleitari, Hammamet dura due ore e sette minuti pieni, non annoia mai ma, va a messa, no, ammesso, rimane un film inutile e sterile. Che non dice nulla su Craxi, in fin dei conti. Forse non era, infatti, questo l’intento di Amelio. Però, il suo character study sul Bettino sfiorito e melanconico, è addirittura agiografico e, anziché guardarlo umanamente e soprattutto con occhio critico, per non essere moralista, rischia di risultare soltanto quasi patetico e poco artistico. Favino è eccellente, a dispetto del notevole makeup che lo “sfigura”. Sebbene, talvolta esageri in tic e manierismi ai limiti del macchiettistico più ripetitivo.

Nell’ultima mezz’ora, Hammamet diventa molto onirico, scegliendo la strada più facile della metafisica per dire tutto e dire niente. Lapidaria e molto bella, però, la frase pronunciata da Roberto De Francesco, medico della clinica manicomiale ove viene nuovamente internato il ragazzo “disturbato”: i malati di mente non guariscono perché non sono malati.

di Stefano Falotico

 

 

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