ANATOMIA DI UNA CADUTA, recensione

anatomy of a fall poster

Libero ivi di volteggiare, pindaricamente, di “verbalizzare” in ogni senso a modo mio, senza paramedici, no, parametrici dogmi editoriali e asfittiche regole SEO castranti, recensirò nelle prossime righe, non so se bellamente o, giustappunto, in modo falotico e personalissimo, quello che è indubbiamente il film migliore dell’anno nella maniera più assoluta. Son apodittico anche se subito preciso che Anatomia di una caduta, il cui titolo, internazionalizzato e inglesizzato, è Anatomy of a Fall, in originale invece, naturalmente, Anatomie d’une chute, giustamente vincitore della Palma d’oro allo scorso Festival di Cannes, è uscito nel 2023 e per “anno” intendo quindi ciò che è ancora attuale, cronologicamente in senso lato, in previsione dei prossimi Academy Awards che saranno assegnati il mese venturo. Anatomia di una caduta non vincerà come Miglior Film Straniero, categoria in cui, ahinoi, non concorre assieme al nostrano Io capitano, che di possibilità di vittoria ne ha pochissime (e con tutto il patriottismo, lecito o meno, possibile, è scandaloso che non possa battersela con tal stupendo film francese, con parti in inglese, decisamente superiore) e il ben posizionato La zona d’interesse di Jonathan Glazer, quest’ultima pellicola avente per co-protagonista nientepopodimeno che la stessa interprete principale di tale, ribadisco, magnifico e ipnotico, inarrivabile, da me qui disaminato, opus di Justine Triet, ovverosia la strepitosa Sandra Hüller. La quale, nel giro di un arco temporale brevissimo, con le sue prove appena succitate è ascesa nell’empireo delle attrici più talentuose da tenere d’occhio. E che, a mio avviso, meriterebbe di alzare la statuetta dell’Oscar come Best Actress per cui è in gara e nominata. Le favorite al trionfo finale, stando agli allibratori e alle quote, perfino dateci e offerte dalla SNAI, non solo dai maggiori “esperti” di predictions per quanto riguarda le statuette dorate, sono, come sapete bene, Lily Gladstone, la quale di Killers of the Flower Moon è invece attrice non protagonista, eh eh, dunque, a prescindere…, sarebbe una victory immeritata, e la bella Emma Stone che, in Povere creature!, lo è, non solamente di fatto ed estetiche fattezze avvenenti, bensì anche di nome del suo personaggio, cioè Bella Baxter. Considerando che la Stone ha vinto l’Oscar soltanto qualche anno or sono per La La Land e tenendo conto che la Gladstone, sotto ogni punto di vista, per quanto bravina, come appena sopra dettovi, è stata generosamente candidata in una category sbagliata, rimarco tosto che la Hüller è colei che, a essere obiettivi, è la migliore del terzetto e della cinquina composta inoltre da Annette Bening & Carey Mulligan. La sua prova, in Anatomia di una caduta, è qualcosa di sensazionale, di prodigioso e mostruoso. Sarebbe veramente vergognoso che a vincere non fosse lei.  Anatomia di una caduta, oltre a Best Actress, è candidato per il montaggio, Miglior Film “mondiale”, Miglior Regia e Sceneggiatura Originale, scritta dalla stessa director Triet con Arthur Harari. La trama, riportataci da Wikipedia e seguentemente riportatavi da me fedelmente, perdonate per la ripetizione fra l’altro voluta, è striminzita ma senza spoiler sanamente non necessari: Sandra, Samuel e il loro figlio di 11 anni, Daniel, ipovedente, vivono da un anno in una località remota in montagna. Un giorno Samuel viene trovato morto ai piedi della loro casa e Sandra diventa una sospettata.

anatomia caduta sandra huller

Scontro in tribunale, tagliente e senza esclusione di colpi, fra l’avvocato difensore di Sandra, anche suo amico, Vincent Renzi (un eccellente Swann Arlaud), e il Pubblico Ministero “inquisitore” (un altrettanto bravissimo Antoine Reinartz). Testimone, per modo di dire, incomoda è la studentessa di Lettere, aspirante giornalista Marge Berger (Jehnny Beth), l’ultima donna e persona, oltre al figlio Daniel (Milo Machado Graner), ad aver visto Sandra prima della morte di suo marito. In quanto, prima della tragedia successa, fu ospite di Sandra per un’intervista. Ma chi è Sandra, Sandra Voyter? Questo è il suo cognome ma cosa sappiamo di lei davvero? Lo scopriremo solo vedendo questo masterpiece teso, vibrante, girato divinamente, che inizia come un giallo à la Dario Argento dei tempi d’oro e non quello decaduto non sol di Giallo, eh eh, prosegue come una detection story assai sui generis con atmosfere rarefatte miste a Bergman e Truffaut, esplode vividamente come un legal thriller psicologico d’alta scuola e scrittura magistrale. Sorretto da una titanica, inquietante, immensamente sfaccettata, espressiva e al contempo commovente Sandra Hüller accattivante oltre l’impensabile, che recita illuminata d’attoriale grazia impari.

 

di Stefano Falotico

 

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