LA GUERRA DEI MONDI, recensione

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Ebbene, oggi recensiamo il sottovalutato, da molti ingiustamente snobbato, perfino contestato e a tutt’oggi malvisto, in ogni senso, La guerra dei mondi (War of the Worlds) del grande Steven Spielberg (Schindler’s ListIncontri ravvicinati del terzo tipoLo squalo). Spielberg, genio assoluto del Cinema, incontestabile e immarcescibile, instancabile stacanovista mastodontico che ha compiuto la bellezza totale di settantacinque primavere lo scorso 18 dicembre recentissimo. Attesissimo, immantinente, col suo rinomato remake del capolavoro epocale e intramontabile di Robert Wise, già adorato e acclamato dalla Critica statunitense, ovvero West Side Story.

Con tale La guerra dei mondi, peraltro e neanche a farlo apposta, cimentatosi all’epoca, cioè nell’anno in cui fu distribuito, vale a dire il 2005, nella trasposizione cinematografica del celebre, omonimo romanzo fantascientifico di H.G. Wells che fu alla base dello strepitoso e geniale scherzo radiofonico, passato indelebilmente alla storia, del leggendario Orson Welles.

Opera capitale e per antonomasia della sciencefiction più iconica e imprescindibile, anzi, per l’esattezza, una delle prime novelle veramente ragguardevoli inerenti per l’appunto il genere della fantascienza pura, dunque romanzo “seminale”, progenitore di molti cloni, letterari e non, a seguire, La guerra dei mondi di Wells (non Welles, eh eh), per l’occasione di tale da noi recensita pellicola ad opera di Spielberg, è stato sceneggiato da Josh Friedman (Black Dahlia di Brian De Palma, Terminator – Destino oscuro) e dal valente, sebbene altalenante, non sempre pienamente convincente, David Koepp (writer di Carlito’s Way, regista di Effetto Blackout e Secret Window). Quest’ultimo, inoltre, autore già per Spielberg di Jurassic Park e sceneggiatore di Mission: Impossible con Tom Cruise. Tom Cruise che, a sua volta, soddisfatto ed entusiasta come fu del successo di Mission: Impossible, entusiasmato dall’aver letto la sceneggiatura di Koepp riguardante, giustappunto, una futura ed eventuale versione de La guerra dei mondi avente lui stesso come protagonista e opportunamente passatagli da Koepp in previsione d’un possibile adattamento per il grande schermo, contattò immediatamente Spielberg. Affinché fosse Spielberg a dirigerlo dopo l’esperienza positiva di Minority Report per cui Spielberg & Cruise, come sappiamo, congiunsero le forze con risultati, se non perfetti, perlomeno lusinghieri e comunque di enorme, planetario successo meritevole di lodi.

Dunque, La guerra dei mondi rappresenta la loro seconda reunion artistica che però smentisce il proverbiale detto non c’è due senza tre. Infatti, per ragioni a noi ignote e non spiegateci, dopo La guerra dei mondi, Cruise e Spielberg non hanno più lavorato assieme. Ma questa è forse un’altra vicenda concernente esclusivamente i fatti loro e non intendiamo né possiamo personalmente occuparcene, ovviamente. Sperando però vivamente che, quanto prima, tali due forze della natura possano per l’appunto nuovamente incrociare i loro destini lavorativi per consegnarci altri miracoli. Ora, invece, occupiamoci della trama riguardante La guerra dei mondi e non perdiamoci in chiacchiere futili, soprattutto non smarriamoci in supposizioni e speranze, da cinefili appassionati di questi due titanici nomi hollywoodiani, che esulano dalle nostre realistiche, indagatorie possibilità precognitive…

Un operaio del porto di New Jersey, chiamato Ray Ferrier (un eccellente e magnetico Tom Cruise), uomo un po’ scavezzacollo, eterno Peter Pan forse mai davvero cresciuto, deve fare da balia, per il weekend, ai figli Rachel (Dakota Fanning) e Robbie (Justin Chatwin), avuti dall’ex moglie Mary Ann (Miranda Otto), forse da lui ancora amata, dalla quale però è separato. Irresponsabile e apparentemente anaffettivo soprattutto nei confronti dell’adolescente Robbie, col quale litiga spesso, sarà costretto, a causa d’un evento catastrofico dalle ciclopiche proporzioni sesquipedali e più impensabili per la razza umana, cioè un violentissimo e cattivo, cruento attacco alieno piovuto imponderabilmente dallo spazio, a intraprendere un peregrinaggio esistenziale ove, oltre a combattere in modo resiliente per la propria sopravvivenza e quella dei suoi cari, imparerà giocoforza ad assolvere al suo compito genitoriale da cui, sin a questo momento oltre i confini della realtà, era sempre sfuggito da irredimibile immaturo ostinato.

Lottando, infatti, con ardimento per rimanere vivo in mezzo al tonitruante sterminio dinamitardo, potremmo dire, e terribilmente omicida effettuato da impietosi alieni mostruosi dei più tremendi, a prima vista invincibili e infermabili, la sua anima redimerà, trionfando impavidamente da eroe oramai senza macchia né paura alcuna.

Ergendosi fiero nel commovente finale, visionariamente eccelso, di tale altra perla spielberghiana, come dettovi, fra le più assurdamente sottostimate da parte della cosiddetta intellighenzia critica invero assai, in questo caso, incredibilmente fallace e superficiale.

Fotografia da brividi di Janusz Kaminski che gioca, in virtù della sua bravura encomiabile, con contrasti cromatici d’immane splendore visivo dei più incantevolmente ammalianti. Imprigionandoci soavemente nella beltà d’immagini nitidamente estatiche e suadenti.

Musica, come sempre avviene per Spielberg, di John Williams.

Nel cast, breve ma memorabile parte d’un Tim Robbins tanto delirante come non mai quanto consuetamente perfetto per la parte.

La guerra dei mondi, un film subito da rivalutare, su cui non si doveva, non si deve né si dovrà giammai più sindacare con faciloneria disarmante, osiamo dire imbarazzante.

Perché è un’altra opera straordinaria, poetica e al contempo fra le più inquietanti, sanguinarie, strepitosamente belle ed immaginifiche di un signore dal nome Steven Spielberg.

Vale a dire, un regista e un uomo che nascono ogni cento anni.

Sì, il Cinema di Spielberg è sovente puerile, perfino sdolcinato, a volte didascalicamente retorico, addirittura ampolloso.

Ma nessuno, al mondo, sa creare la magia del sogno più cristallino come lui.

Quindi, finitela di criticarlo e inchinatevi dinanzi al suo cospetto.

Altrimenti, se preferite sennò, penserò che abbiate perso il senno e, in particolar modo, il cervello.
Anche se, a essere sinceri e umanissimi, non alienati come voi, penso che pochissime persone di questa Terra posseggano la mente di Spielberg.

A ragion veduta dico ciò poiché spesso scambiate i geni per cretini quando in verità vi dico che molti di voi, anziché criticare il prossimo vostro con screanzata villania da invidiosi insalvabili, dovrebbero essere belli, almeno al 15%, come Tom Cruise.

Insomma, non pretendo che siate come Tom Cruise. Non gliela potete fare, umanamente parlando. Quindi non vi biasimo né compatisco.

Vi chiedo però di essere come me.

E lo sanno tutti che io sono meglio di Cruise.

Su questa freddura finale, mi sparo, no, nella notte sparisco.

di Stefano Falotico

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