Matthew McConaughey: dal suo nick, The Body, al suo being Great

Dinanzi a un fisico così, avete qualcosa da dire?  In-toccabile, (non) toccatevi donne. Con un fisico così, Matthew può aver tutti i tocchi che vuole, anche se è (s)posato.

Dinanzi a un fisico così, avete qualcosa da dire?
In-toccabile, (non) toccatevi donne. Con un fisico così, Matthew può aver tutti i tocchi che vuole, anche se è (s)posato.

 

Ebbene, ancora lui, il grande Matthew McConaughey.
Non nego che, pur essendo eterosessuale, Matthew mi piace, lo adoro.

Se scorrerete i miei post precedenti, in tempi già sospetti lo ammisi, glielo (o)misi, eh eh.

The Body veniva chiamata Elle Macpherson. In effetti, però McConaughey era la versione maschile. Eh già. Manca la a femminile in Mc. Rimane però questo dubbio. McDonald’s, ove servono le patatine, che sesso ha?

Insomma, tutto parte dal fisico, infatti in Contact era laureato in “Fisica Astronomica”.

Oggi, è un attore bravissimo, universalmente riconosciuto come tale.

 

Però, vi racconto questa.

Ieri, verso le 2 di notte, è venuta a bussare un’aliena alla mia porta. Ho guardato dallo spioncino, su “pigiama preoccupato”, dato il disturbo della quiete notturna a me provocatomi, e ravvisai in effetti una creatura più sexy sia di McConaughey e sia di Macpherson.

In poche parole, era un’Escort di un altro Pianeta…

Magic Mike: Sì, qui la perfezione tonica tocca livelli bagnatissimi. Oliante muscoloso. Eppur non mostra, coperto dal costumino, il muscolo a cui le donne ambiscono.

Sahara: Sì, McConaughey asciuga di fisico asciutto le donne più del deserto omonimo. Insomma, prima le donne, ammirandolo, sanno che è solo un miraggio, perché non avranno mai uno così, poi, da tanto son eccitate, vengono, eccome se vengono, prosciugate. Un bagnasciuga, insomma.

The Wolf of Wall Street: Cioè, Matthew, nauseato da troppe donne, diventa un esperto onanista perché stufo di stantuffarle.
Vuole solo annusare, da cui la d(r)oga.

Dallas Buyers Club: Spompato, deperito, poverino. Bisogna capirlo. Le donne hanno (ab)usato il suo oggetto, ah ah, tanto da renderlo anoressico sul punto del collasso. Infatti, anche qui, stufo delle donne ossesse, si diede agli omosessuali col rischiò però della non preventivata, nonostante la profilassi, AIDS.
Ma come ha fatto costui, nel giro di pochissimi an(n)i, a diventare così bravo, fenomenale?

A tal proposito, vi copio-incollo qui lo splendido, chiarificatore articolo di oggi, firmato Mariangela Sansone, apparso su Sentieri Selvaggi:

Sì, era un tipo strano, Rust era capace di litigare col cielo se non gliene piaceva il colore”.
Nichilista convinto e lucido pessimista, Rust Cohle è un’anima solitaria dal passato doloroso e disperato, immerso in una storia dalle tinte fosche e mefistofeliche, insieme al collega Martin Hart nelle acque torbide delle paludi della Louisiana. La coppia di detective, composta da Matthew McConaughey e Woody Harrelson, è la protagonista della serie True Detective, creata da Nic Pizzolatto e diretta da Cary Fukunaga, andata in onda sull’emittente HBO. Un’opera al nero dai toni mistici e surreali, che si insinua tra le pieghe più oscure della società, tra riti satanici, droghe e violenza, aprendo uno squarcio sulla crudeltà insita nell’uomo, “man is the cruelest animal”. Dialoghi corposi, in bilico tra James Ellroy e Emil Cioran, conditi con una spruzzata di ironia, che sovente alleggerisce i toni esistenzialisti; splendida fotografia vintage, venata da sfumature seppia e dai colori freddi; regia impeccabile che, tra piani sequenza e campi profondi, incanta lo sguardo dello spettatore, incatenandolo a una magnificenza visiva di rara bellezza; due protagonisti di spessore, che hanno già collaborato insieme in diverse occasioni.

Grazie ai suoi personaggi, True Detective raggiunge il suo apice e la propria sublimazione, su tutti Rust Cohle, grazie alla magnifica interpretazione di un Matthew McConaughey in stato di grazia. Rust, tra i due, è apparentemente il più controverso, ricco di ombreggiature e dalla personalità imperscrutabile, “mi considero un realista, ma in termini filosofici sono un cosiddetto pessimista”. Volto emaciato e occhi ipnotici, timbriche profonde che caratterizzano il sapiente uso della voce, parole appena sussurrate; in una modulazione di bassi cavernosi, lo slang e le inflessioni linguistiche dell’America del sud si aprono a temi ontologici profondi, la diffidenza nutrita nei confronti del genere umano si concilia perfettamente con il suo stile di vita ascetico, quasi da eremita. “Sono dell’idea che la coscienza umana sia stata un tragico passo falso nell’evoluzione. […] Noi siamo creature che non dovrebbero esistere, secondo le leggi della natura”.

McConaughey (Uvalde, Texas, 1969) è interprete dalla recitazione viscerale, che riesce a donare ai suoi ruoli, soprattutto negli ultimi anni, credibili sfumature cupe, intrise di passione e di erotismo. La sua filmografia si è ispessita con il tempo, attraverso una continua evoluzione che l’ha condotto dall’epiteto affibbiatogli agli esordi, “The body”, per la sua fisicità prorompente, sino a conquistare l’ambito Oscar come miglior attore nel 2014 per Dallas Buyers Club. Nei primi anni della sua carriera si divide tra la sua professione da attore a quella da modello, cimentandosi anche con i ruoli di produttore e di regista, e alterna ruoli leggeri, come in Non aprite quella porta IV a film più impegnativi tra i quali spiccano Amistad di Steven Spielberg, Contact, di Robert Zemeckis e EdTv di Ron Howard nel 1999. Per dieci anni McConaughey si dedica alla commedia, sposando ruoli frizzanti, mescolando sapientemente all’ironia una strabordante carica sensuale. Il biondo texano, un po’ guascone, un po’ canaglia, grazie a un sorriso smagliante e agli addominali scolpiti, conquista soprattutto i cuori femminili. Ruoli che gli regalano la popolarità, proiettandolo nell’olimpo degli uomini più affascinanti del globo.

Duttile e capace, la vera sfida attoriale per McConaughey arriva nel 2011, quando viene scelto da William Friedkin per il ruolo da protagonista in Killer Joe, adattamento cinematografico dell’omonima piéce teatrale di Tracy Letts. Il texano offre un’interpretazione feroce e tagliante, un assassino spietato che non scende a compromessi. Il film di Friedkin segna la vera svolta nel percorso cinematografico dell’attore; lontano dai toni leggeri delle commedie, inanellerà, a seguire, una serie di ruoli che lo consacrano, a tutti gli effetti, l’attore del momento.
La sua fisicità impetuosa sarà sublimata nel 2012, in Magic Mike, di Steven Soderbergh, nel ruolo di Dallas, grazie al quale conquista come miglior attore non protagonista lo Independent Spirit Award. L’attore gioca con i topoi che hanno accompagnato il suo iter filmico; cinico spogliarellista, proprietario di un nightclub, con i muscoli ben in vista, alla ricerca di sesso, soldi e donne facili. La carriera artistica del texano è destinata a crescere di anno in anno, la sua filmografia abbraccia ruoli sempre più impegnati e personaggi stratificati, caratterizzati, spesso, da un’anima corrotta o percorsa da venature scure dalla luce crepuscolare.

Dopo Mud di Jeff Nichols, in cui dipinge, in modo convincente, la figura di un uomo in fuga, lacerato dalle catene dell’amore, misterioso e sognatore, regalando al suo pubblico un’interpretazione intensa, è proprio nel 2013 che McConaughey riceve la propria consacrazione artistica. Interpretando lo yuppie rampante, Mark Hanna, affezionato alla cocaina e all’onanismo, spregiudicato re della finanza, in The Wolf of Wall Street di Martin Scorsese, conferma la sua alta levatura artistica; un piccolo ruolo, poco più di un cameo, ma che dona spessore a tutto il film e che lascia il segno; indimenticabile la scena in cui spiega “le regole basilari” ad un inesperto Jordan Belfort, interpretato da Leonardo DiCaprio.

Dallas Buyers Club, diretto da Jean-Marc Vallée, è quindi il film che lo porta a trionfare a Hollywood con una serie interminabile di riconoscimenti. Un film denso che poggia le sue fondamenta sulle capacità recitative degli interpreti, Jared Leto ed un Matthew McConaughey intenso e magnetico; un ruolo che lo consacra nel parnaso hollywoodiano, grazie ad un’interpretazione non semplice, che lo mette alla prova anche nel fisico (circa venti i chili persi). Malattia ed omofobia segnano il percorso, quasi ieratico, del suo Ron Woodroof, il viso scavato e gli occhi malinconici ma la rabbia e la forza tipica di un combattente indomito. Con gli anni l’attore ha dato nuova linfa alla propria carriera, grazie a ruoli sempre più complessi, mai banali e certamente non semplici, la sua recitazione si è arricchita di sfumature crepuscolari e si è fatta più spessa, dando vita a personaggi complessi dalla personalità multiforme, in cui i lati oscuri, in alcuni casi, prevaricano, donando una sublime fascinazione recitativa ai suoi ruoli.

 

 

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