La mia top “three” dell’anno, i tre film da podio, secondo me, di questa stagione cinematografica abbastanza (in)dimenticabile

di Stefano Falotico

Malavita Luc Besson

Si chiudono i battenti “ufficiosamente” e arriveranno gli “scarti” di magazzino. Anche se poi non è sempre vero perché ad esempio l’esordio di Rob Zombie fu piazzato ad Agosto in Italia, essendo stato reputato un filmetto da “protezione” anti-solare di proiezione già ad annerirlo, avendolo (re)legato alla sezione “bagnasciuga”, e invece si rivelò un capolavoro illuminante, seppur horror e macabro, (auto)ironico e strepitosamente fuori moda. Mi riferisco a La casa dei 1000 corpi.

 

Premessa lirica, (non) messo lì, avendo poche lire ed essendo quasi tutte senza sogni, eppur di notte…

Ieri notte, passeggiai a tarda notte in macchina. No, non ero felice e neppure però deluso. Credo che il termine… esatto fosse costernazione. Sì, costernazione è forse la stellar parola pertinente per descrivere il mio stato d’animo così “toccante” per me stesso. Non fu, prima del giro in macchina, una gran serata. No, assolutamente. E neppure dopo. Chattai con una donna. Da un po’ ci confidiamo. Ci scambiamo opinioni sul mondo, più o meno frivole, futilmente dense d’umanità, vagamente a trascurarci senz’imbellettate retoriche da dialoghi formali. Ce le spariamo come vengono. A volte da antieroi e a volte anche di segreti erotici nelle fantasie proibite che virtuali non sono mai se c’è qualcosa sotto… Lei mi racconta, ad esempio, che assomiglio a suo fratello, io le rispondo che suo fratello è uno sconosciuto ai miei occhi. E non potrò mai comprendere l’affetto ch’ella nutre per il suo consanguineo, a sua detta malinconico, profondo, lontano da un mondo che spara a zero su tutto con superficialità allibente, da essiccarti appena lo spiraglio di luce rivedevi rischiarante per un indubitabile ma momentaneo, fugace, inafferrabile, illusorio attimo di pace. Già svanito, già oltre, (im)mobile e liquido. Di suo fratello non mi importa. Lei dunque ha il diritto di fregarsi del sottoscritto, di farmi mangiar il fe(ga)to, anche di fregar altri fringuelli con la storia del fratello, di raggirarmi con frasi di “acchiappo” affinché abbocchi e, tirando l’amo, possa (ri)pescarmi già sciolto nelle mutande, affogato, vivamente (s)venuto. Ma non mi vendo, non mi dolgo. Penso solo che, dopo una settimana di (in)valide conversazioni infuocate, tese, sempre sul punto del farmi incazzare, di lei che parimenti sta sulle sue “acque” di calma apparentemente piatta, eppur le piaccio ed è un tritaghiaccio, un fresco tè al bar e… così sia un lassativo che può aiutare, la mando al diavolo, uno da corna in testa. Decisi così di troncare tutto prima che potesse disboscare il mio cuore con colpi d’ascia profumati da donna troppo fertile di passione per far sì che potessi attecchirmi da stecchito nello steccato della mossa (in)castrante. Meglio subito sbrogliar la matassa, tagliar la corda e prender la macchina per le corna, appunto, miei cornuti. Le cornee devo salvarmi, questa ti rende cieco, e ti fa perder la testa. Ah, tutti voglion le corone, sì, le corone da “principessa sul pisello” del più ricco e bello. Quelle che mi rifilerà come ripicca per questo mio estemporaneo, stronzo due picche. Eppur quell’amante pieno di soldi, raccattato da primo che ca(s)pita, la picchierà e tornerà da me, il “bruto” ma tenero dal cuore di “pietra” che si spaccò troppo romanticamente per provarci subito di squallida notte sbrigativa. Meglio gustarla, meglio la crostata di miele di Million Dollar Baby. Ma questa è una storia (mai) avuta personale e so che ve ne sbatte(te). Ognuno/a ha i suoi cazzi per la testa e le proprie gatte da pelare. Vi capisco, la pellaccia innanzitutto, se vuole la pelliccia, le posso offrire un bacio e un caffè. Queste sono le finanze e, se davvero mi ama, deve prender quel che passa il (con)vento. Non (pre)tenda! Sì, meglio mollarla prima che potesse mollarmele per effetto “collaterale” del seminale da non poter mantenere poi il parto di tal (ba)lordo amore da prese reciproche per il popò, però che “posteriori”. Non voglio bebè, non son pronto per il papà, ciao, e comunque ci sta(va). Ah, che natiche ha, come si può dimenticare, ah? Sono proprio un neonato. Gne gne gne, sono uno gnomo “duro” nel mio “no” intransigente e prendendolo seduta stante a mio volante… di clacson strombazzante. Meglio il brum brum del bromuro. L’olio carbura e guido ora sul burro(ne).

Insomma, un’altra delusione da fitta a non “ficcata”.

Tornai dunque a casa, incassando, e ripensando alla stagione dell’uva passa…

E continuo a preferir il Cinema a queste, che sembran “depresse”, da casa e chiesa, ma son invero io vi dico da “chiave” solo se le paghi.

Di mio, meglio strappar un altro biglietto. La “maschera”, che lo stacca, sa che un film è meglio di una che non merita seconde (re)visioni.

Ed Eyes Wide Shut dovrebbe dirvela…

I tre film dell’anno, secondo me. Secondo te, no, ma io non sono te, tu non sei me, lui chi è? Gli diamo del “lei?”. Dai, diamogli del “tu”, e beviamoci un caffè. Pensavi che avrei detto un “the” e invece preferisco le torrefazioni di caffeina alle te(tt)ine, non mangio quasi mai carne di suino e non lecco dietro le tendine da porcellino, eppur sono io, e qui ve li “sudo”. Film da leccarsi, appunto, i baffi, miei cotte e bollite al su(g)o.

“Segnat(evel)i”.

 

1) Cose nostre – Malavita di Luc Besson

So che sindacherete su questa mia scelta. Addirittura al primo posto? Sì, il film più incompreso dell’anno. Un Besson puro, alla Tim Burton, freak mafiosi in una Francia notturna, con duetti spaventosamente sublimi fra il grande Bob e il mitico Tommy Lee Jones, due “duri” che non posson far altro se non reggersi a vicenda il gioco dei “perdenti”, con una Michelle Pfeiffer bruttina come non mai e di bigodini però attizzanti “fuoco”, due pestiferi figli combina-guai, una miscela fra i Simpson e la “famiglia” d’un Padrino sui generis, spassoso, dark, anche violentissimo nel finale, però fumettistico. E che colpo di genio aver fatto vincere i nostri bastardi.

Poi, Scorsese come produttore esecutivo e Besson che l’omaggia con Quei bravi ragazzi in De Niro reminiscente di lacrimuccia.

Che film.

2) Maps to the Stars, l’apice di Cronenberg. Ora, David non ha più bisogno di stupirci con “effetti speciali”, gli basta indagare in “digitale” a toccar le anime d’un mondo oramai bruciato. Son tutti colpevoli della tragedia (dis)umana, gli adulti arricchitisi e senza più anima, che fan le orge e rubano il “ruolo” all’altro/a per giochi al massacro da mors tuavita mea. Per stare su, non bastano le spremute di vitamine e neppur ritrovar la “forza” nel premer le meningi, ecco allora che s’impasticcano perché son (ri)dotti di plastica, dorati fuori, di merda dentro, a “educar” i figli a “spaccare il culo” al coetaneo sin dalla pubertà, rendendoli “prodigi” solo di malessere e precoci rivalità malsane, fegati distrutti, orgasmi senza pathos, bugie da “stellina” di Hollywood, si salva solo Pattinson, il più “alien(at)o”, tremendo il suicidio dei due “ragazzini” sulle note della libertà commovente.

3) True Detective. È una serie televisiva?! Ancora con questa storia? No, è un filmissimo in 8 puntate trasmesso dalla HBO e da noi su Sky Atlantic a Settembre. È Cinema della miglior specie, anzi della “peggiore” perché man is the cruelest animal.

Non c’è molto da dire più di quanto ho già detto. Errol, in fondo in (pro)fondo di Carcosa, è un mostro, sì, ma è “solo” la vittima più “ritardata” e “ingenua” del pasto sacrificale dei satanisti più “furbi”. Quelli coperti dall’apparenza “istituzionale” ché mai saran scoperti e impunemente faran strage di “bambini” o innocenti, protetti semmai dalla “Chiesa”.

Un’opera cattivissima, emozionante come poche, un’esperienza sensoriale e visiva, resa così grande da un Cary Fukunaga ispirato come non mai, dalla penna spietata e velenosa d’un impeccabile Nic Pizzolatto, dai due protagonisti, McConaughey/Rust Cohle che trova il ruolo che lo consegna alla leggenda, e un Woody Harrelson “in sordina” ma altrettanto bravo.

 

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