NONNO, QUESTA VOLTA è GUERRA – Recensione

Prefazione del cazzo, eh sì, del cazzo.

Un De Niro in ritardo, invecchiato o solo girato prima di The Irishman, adesso tardivamente arrivato e distribuito in Italia, Paese di vecchietti anche ventenni? Uma Thurman è una milfona come Jane Seymour? A proposito, Stephanie Seymour è oggi ancora bona?

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Ebbene, oggi recensiamo Nonno, questa volta è guerra (War with Grandpa) per la regia di Tim Hill.

Regista, potremmo dire, orientato verso il cartoonish. Cioè specializzato soprattutto nell’animazione e la tecnica stopmotion. Avendo firmato e filmato Alvin Superstar, Garfield 2, I Muppets venuti dallo spazio, SpongeBob – Amici in fuga e Hop. Pellicole certamente non eccelse ed esenti da difetti ma, senza dubbio, divertenti e in particolar modo indirizzate a un pubblico di fascia d’età assai giovane.

In tal caso, Tim Hill si avvale, in sede di sceneggiatura, curata dal duo formato da Tom J. Astle e Matt Ember, dell’adattamento del famoso romanzo statunitense per l’infanzia, ovvero l’omonima novella di Robert Kimmel Smith, traendone una versione leggermente modificata e modernizzata.

Nonno, questa volta è guerra è stato girato in Canada addirittura prima di The Irishman, avente per protagonista, per l’appunto, Robert De Niro. Qui in veste di produttore (non accreditato) assieme alla sua lavorativa partner Jane Rosenthal e co-fondatrice della TriBeca.

Nonno, questa volta è guerra perché mai dunque, dopo essere stato distribuito già tardivamente, però con buon successo negli States alla fine dello scorso anno, viene mostrato solamente adesso a noi spettatori italiani? Cioè, a cosa è adducibile questo macroscopico ritardo apparentemente ingiustificato?

Semplicemente all’increscioso pasticciaccio per cui a finanziare il film vi fu la Dimension Films, succursale della Weinstein Company, gestita e patrocinata naturalmente dal celeberrimo tycoon, ex proprietario della Miramax, tristemente arrestato in seguito al suo riprovevole scandalo sessuale assai scabroso.

Sorvolando su tale triste accadimento, dopo mille e più rimandi, finalmente possiamo gustarci Nonno, questa volta è guerra comodamente in streaming. Originariamente, il film doveva essere distribuito sotto l’egida, diciamo, della Notorious Pictures. Ma è ragionevole pensare che si sia optato, appunto, per l’interattivo, internettiano VOD in quanto ancora imperano le limitanti, frustranti quarantene interminabili e, non solo per il Cinema, spossanti.

Trama:

Peter (Oakes Fegley), bambino di dieci anni, controvoglia ma per volontà inderogabile dei suoi genitori Arthur (Rob Riggle) e Sally (Uma Thurman), è costretto a lasciare la sua cameretta per ospitare suo nonno, il claudicante e burbero Ed (De Niro). Peter è parecchio insoddisfatto di questa dura scelta impostagli e, smaniosamente desideroso di riappropriarsi quanto prima della sua stanza, coi suoi amichetti architetta scherzetti e dispetti di discutibile gusto ai danni dell’arzillo Ed. Il quale, contrariato e di contraltare, provocato ripetutamente dal nipote, non gli sarà da meno, spalleggiato nella sua difesa e poi contrattacco dai suoi fidi compagni Danny (Cheech Marin) e l’altrettanto attempato ma non rintronato, furbissimo Jerry (Christopher Walken).

Perché guardare Nonno, questa volta è guerra

Commedia per famiglie ovviamente disprezzata da gran parte dell’intellighenzia critica d’oltreoceano, avendo totalizzato a malapena il poco lusinghiero e onorevole 34% risicato di medie recensorie su metacritic.com, Nonno, questa volta è guerra naturalmente non entrerà nella storia della Settima Arte ed è semplicemente un film scanzonato e leggerissimo dalle basse pretese che, come detto, si rivolge quasi esclusivamente a un target impubere, potremmo dire. Ora, acclarato e palesato ciò, accettando quest’indubbia e necessaria premessa, Nonno, questa volta è guerra, a dispetto delle sue scarsissime ambizioni e della sua “piccolezza” qualitativa, può vantare un cast altisonante nel quale si fanno notare, oltre ai già citati nomi rinomati di De Niro, dell’enfant prodige Fegley, della sempre conturbante e avvenente Uma Thurman e del grande Walken intramontabile, la sempreverde, anche se lei âgée, Jane Seymour e l’ambiziosa peperina Laura Marano, avvalendosi peraltro della morbida fotografia dai colori pastello di Greg Gardiner.

Il film si lascia vedere volentieri pur non essendo assolutamente un granché. Anzi, rasentando in molti punti il buonismo più dolciastro e melensamente retorico. Inanellando tutta una serie di sketch risaputi, stracchi e datati. Ma è comunque godibile, tralasciando quest’aspetto per alcuni, invece, imprescindibile e di primaria importanza.

D’altronde per stesse dichiarazioni, sotto a seguire testualmente, dei suoi produttori, Nonno, questa volta è guerra non ambisce né ambiva a essere un film impegnato, bensì vuol essere solo un film pieno di buoni sentimenti e ricolmo di leggiadria:

Nonno, questa volta è guerra è dedicato a tutta la famiglia e presenta una storia universale con un forte messaggio di fondo; dobbiamo rispettare le persone anziane e capire che il tempo che trascorriamo con loro è limitato. Dobbiamo imparare a goderci i momenti condivisi e imparare che gli affetti famigliari non sono mai superflui. La guerra tra Ed e Peter non è da esempio: i conflitti non portano mai a niente di buono, anche quando si tratta di difendere il proprio territorio. Non vale la pena combattere: si rischia di perdere qualcuno a cui vogliamo veramente bene.

Perché non guardare Nonno, questa volta è guerra

Ecco, se siete fra quegli intransigenti, poco elastici aficionado di De Niro che non tollerano per niente, anzi detestano completamente il Bob versione “comedy”, autoironico e parodico in zona Ti presento i miei, smorfioso e da voi giudicato patetico, se mal digerite che l’attore protagonista d’innumerevoli capolavori cinematografici, per l’ennesima volta, si sia buttato via vergognosamente e inspiegabilmente per ragioni prettamente commerciali e/o alimentari, come si suol dire, partecipando ancora una volta a un film non degno della statura recitativa e della sua prestigiosa nomea, lasciate subito perdere. Anzi, non avvicinatevene nemmeno e dimenticate immantinente che De Niro v’abbia preso parte poiché questa sua partecipazione per voi non rappresenta affatto un arricchimento all’interno della sua mirabolante, irripetibile e inimitabile galleria camaleontica di maschere e personaggi dei più disparati, bensì per voi ritrae solamente il lento ma inesorabile tramonto d’un mito che vi suscita immane tristezza quando s’asservisce al dio danaro, persino auto-finanziandosi, vendendosi in progetti microscopicamente rimarchevoli ed eufemisticamente poco ricordevoli.

 

di Stefano Falotico

 

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