Un Amleto al giorno toglie il medico di torno e, fra il to be e il not to be attori, è meglio Gibson di Laurence Olivier

Amleto Gibson locandinadi Stefano Falotico, scrittore toro che non crede agli oroscopi delle vergini in sagittario su gemellaggio invece di pesce con botte da ariete in amletica donna depressa da tirar come una stella fra le stalle.

 

Eh sì, essendo io come Amleto, principe (non) pazzo ma più (in)sano di tutti, dovevo andar a parare prima o poi su Shakesperare e su uno dei suoi capolavori immortali, Amleto
.

E soprattutto sul suo monumentale monologo:

Essere, o non essere, questo è il dilemma:

se sia più nobile nella mente soffrire

i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna

o prendere le armi contro un mare di affanni

e, contrastandoli, porre loro fine? Morire, dormire…

nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine

al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali

di cui è erede la carne: è una conclusione

da desiderarsi devotamente. Morire, dormire.

Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo,

perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire

dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale

deve farci esitare. È questo lo scrupolo

che dà alla sventura una vita così lunga.

Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo,

il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo,

gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge,

l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo

che il merito paziente riceve dagli indegni,

quando egli stesso potrebbe darsi quietanza

con un semplice stiletto?

Chi porterebbe fardelli,

grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa,

se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte,

il paese inesplorato dalla cui frontiera

nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà

e ci fa sopportare i mali che abbiamo

piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti?

Così la coscienza ci rende tutti codardi,

e così il colore naturale della risolutezza

è reso malsano dalla pallida cera del pensiero,

e imprese di grande altezza e momento

per questa ragione deviano dal loro corso

e perdono il nome di azione

E sapete che vi dico?
Mel Gibson, in questo pezzo da pazzo, è più bravo delle versioni di Branagh e di Olivier.

Purtroppo sì.


Al che, trovo in internet la mia Ofelia. Anche lei è turbata se essere o non essere, se darmela o girarci attorno, e ci tiene a precisare che nella sua vita ha visto solo complottare contro la sua felicità.

Avemmo una discussione accesa. E voglio rendervi partecipi di come, da principe elevatissimo, certo, le feci comprendere che è meglio essere due senzienti coi propri malesseri. Lei, dapprincipio, non fu consenziente anche se volle, ne vuole sempre, sentirmi dentro. Ah, finge di dolersi e di rinunciare agli uomini. Ma io so invece che gatta ci cova. Se non sarà soddisfatta, le dirò che è beato chi si accontenta. Insomma, questa non si capisce proprio che cazzo voglia. Eppur ha delle voglie sulle gambe che, di atipiche cosce (s)macchiate, invogliano il (cap)riccio.

Una ragazza, molto bella, denuncia in suo “annuncio” che non crede più a nulla. E che tutte le filosofie, orientali, trascendentali, di training autogeno, psicanalitiche e quant’altro, lei reputa che sian solo mo(n)di illusori per fuggire alla verità dei fatti e dei “falli”, in senso (a)lato, presi in quel posto. Ah, quanti sba(di)gli in questa vita che fa goder solo a (t)ratti. Asserisce che non è una zoccola ma dagli uomini ha ricevuto solo inculate a (raf)fica. ’Sti cazzi! Sì, sostiene che nella vita, nonostante la sua bellezza, non ha avuto culo, anzi, ha preso solo delle gran “botte”. Provo a conoscerla, ad avvicinarmi al suo animo, insomma “ci” provo. Mi tenta…, mi (at)tira il suo dolore e vorrei che in costei, di empatiche costole non più addolorate, “tutto”… si tra(s)mutasse in piacere (pro)fondo. “Sentito”.

Ora, condivido ogni parola del tuo annuncio. Sì, anch’io odio la retorica e credo che la vita non sia solo questione di talento, ma di notevole culo. Io, forse come te, non ne ho avuto tantissimo. Ma insisto con fervore e abnegazione, anche trascorrendo momenti enormi di solitudine che m’inducono a creder che tutto non abbia sen(s)o e che debba lanciarmi giù dal balcone del mio palazzo. Sono uno scrittore, ho pubblicato molti libri ma, che paradosso, vivo di stenti con attorno un mondo che in passato mi ha combinato uno scempio e persone spesso insincere che sol fanno i ruffiani ma poi mi schivano quando devon solamente andar a prendere una birra con me, perché vengono intimoriti dai miei discorsi, troppo profondi, e quindi giudicati fastidiosi, ah ah, un ribaltamento della vi(s)ta. In te, posso trovare un’amica, un’affine anima?

Sì, entrambi non abbiamo avuto culo. Ma io spero di trovare in te, ripeto, un’amica, e vorrei la tua figa, oltre al culo che mi farai e spero di farti.

Ti chiedo di essermi schietta? Lo vuoi?

Detta come va detta, che la dia, sono un uomo che associa, alla classe prosaica di Shakespeare, un umorismo alla Woody Allen (in)sostenibile.

Se non mi ama(te), sarete non esseri.

Se lei mi amò, non sono cazzi vostri, comunque.

 

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