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“Cobra”, recensionissima!

Il Cobra (non) è un serpente, ti stanerà nella tana, mio lupo… poi non implorare pietà e non gridargli “Porco!

Il tosto mirino Calibro Sly d’annata, di grande stronzata reazionaria, è puntato a sangue freddo, inciso nei suoi occhiali da Sole, un po’ Ray e un po’ da bannare. Diciamo pure da evirare.
Un look impresentabile, ante Fabrizio Corona ipertrofico su gel “smargiasso”, ciuffo nel rimmel e bicipiti schiacciasassi, sparati a raffica a inchiodarvi miei fessi. Espressione da pesce lesso, ma durezza da affossarti.

La società anni ’80, spaventata da serial killer del fanatismo post edonismo reaganiano, in preda alla sua epoca con-fusa, era troppo incasinata. Ci voleva il Cobra per mettere a posto tutto. Come no. Sly incarnava la nemesi nel vituperar i vermi, annodarli per il cravattino e, mentre sbavavano, Lui li sbatteva al muro con del piombo muscolare, “oliato” in rigidezza adrenalinica e una Brigitte Nielsen gattona su reggergli il “moccolo” del “grilletto facile”. Sì, Sly se la scopava di brutto, a bestia tormentava i merdosi, da primo cazzone d’una “scuola” tutta sua.

La carriera di Sly sta in questo film, sputatemi in faccia e vi sarò a viso aperto, miei invi(dio)si. Non vi azzardate a sputtanarlo. La puttanata merita un applauso devastante.
Non mi credete? Allora, andate sedati e sarete anche spulciati da un “renegade” che indossa maglietta attillata “mostra pettorali lucidi, tiranti a pelle” su agile “fissità” d’occhi “lenti” nel labbro pendulo.
Insomma, Sly. Prendilo così, altrimenti ti piglia per (il) coglione.

Non puoi pretendere che reciti Shakespeare come un “inglesino” di Oxford. Sly è tamarro, va dritto al sodo, lubrifica l’indole proletaria nel fire mai tenuto a freno. Piazza battute patetiche in un ghigno over the top, fuori moda, l’anacronismo vivente, l’ingenuo colorito del maschio palestrato a sp(i)ezzarti dueIvan Drago? No, potenza di fuoco, assidua, che marcia di fucilate contrarie alla burocrazia degli ingranaggi macchinosi. Se la Legge non provvede subito a “mettere in chiaro” i “naziskin”, Sly non si ferma e comincia…

Pura America di “montatura” impaurita a inforcar la sua faccia sbruffona da schiaffi, da ceffoni agli schiavi(sti), poco tenero coi marmocchi, l’occhiolino malizioso della virilità insopportabile.
Antipatico, in afasia di semi-recitazione per gioircene come le bollette fiscali, gran fisico però. Asciutto e da “esattore delle tasse”.

Pedina i topi, intanto ammicca alla stangona e mostra l’armamentario “eretto” nel suo completo da “sindacalista” FI(r)ST blood. Contraddizioni una sopra all’altra, pecchiamo di dizione Sly ma non vuoi prendere lezioni da nessuno, tantomeno da un “profeta” del Che Guevara omicida, che incita alla “rivoluzione” da irredento satanista di qualche tribù già deperita. Tu lo fissi, non fai una piega, al massimo allisci il giubbottino nero nella pettinatura “ingombrante” e irriverentissimo pagliaccione autoironico come un impiegato del ca(ta)sto, quindi gli estrai il nervosismo nel “surriscaldarlo” con pugni e “squadrato” accerchiare ogni mossa del già ucciso, torturato contrattacco. Lo attacchi al suo dovere, poco disciplinato, e quasi quasi gli pisci in testa. Che testone “duro” quello psicopatico. Anche te non scherzi. Sei uno stinco di maiale, santo quanto le tue inquisizioni svelte su terzo grado assassin.
Al che, soffi “bronzeo”, e Brigitte ti soffocherà “in sella” al tuo già rodeo d’arrosto in troppa “carne” del tuo focoso stronzo.

Questo film è “uguale” a Rambo, la versione fascista di tutto ciò che George P. Cosmatos aveva splendidamente nobilitato nello Stallone più rebel e davvero bravo.

Qui, invece, il nostro Sly fa il belloccio che smozzica pizzette capricciose su pizzicotti del suo (s)lavato carisma comunque glorioso. Appende al chiodo chiunque, prima di tutto il suo borchiato, acquistato nel saldo della lavatura a secco.

Ed è per questo che Cobra è un capolavoro. Rasenta il ridicolo totale, plateale, ti “disarma” come Marion, nome da Donna, Sylvester di “proboscide” nei jeans poco mosci. Ha la cultura di una capra, ma Sly non lo butti giù.
Ti spacca il culo. Sono cazzi.

Sì, questo film non ammoscia, ha ritmo “caraibico”, platinata estetica da videoclip bastardo e uno Sly, appunto, “schifoso”.

Insomma, date a Sly una pallottola e ti fa girar le palle. Così è, figli miei della congrega. Dei critici, a Sly non può fregar di meno. Per forza, li mena.
E se tu, megera, non gli dai il giusto merito, Sly ti morde.

Sei solo una Donatella Rettore.

(Stefano Falotico)   

 

Bob De Niro Comeback

Un attore che m’ossessiona in modo “pedinante” da anni insospettabili, è Monsieur Robert De Niro. Lo perdemmo ché precipitò in un meandro “prolifico” sol per far economia al suo Tribeca, ma sta sfoderando altro suo carisma, comunque immutato da untouchable, in pellicole che chissà quando mai usciranno da noi, e di cui voglio farvi assaggiare qualche “spizzico” a mo’ di gustoso antipasto.

Verremmo travolti dalla nuova mission del Bob, reo d’averci tradito per un ventennio abbondante circa, ma adesso m’elevo a giudice che lo scagionerà.
Dopo la sua strameritata candidatura per Il lato positivo, della quale rimango fortemente convinto che dovesse tramutarsi in Oscar e che Christoph Waltz gliel’abbia scippato ingiustamente con Django…, proprio a ben giudicare, punterei su questi film, di cui ecco sotto un sintetico elenco “filmato”.

Tratto dalla novella “Un’altra notte di cazzate in questo schifo di città”, approderà anche in Italia il Being Flynn trasposto di Paul Weitz? Nel frattempo, or dunque, gustiamoci l’anticipazione, appunto.

 

A differenza delle solite voci diffamatorie, mi attizza anche Killing Season, non fosse altro che è a prescindere un evento, bella, piacevole, oscena che sarà la pellicola.
Infatti, per la prima volta, assisteremo allo scontro/incontro fra il Bob e John Travolta. Mai si son incontrati prima nello stesso film, qui anche messi uno di fronte alla loro nemesi/simbiosi su fronti opposti nel dichiararsi platealmente sfrenata battaglia.

 


Se son rose, fioriranno.
Se saran successi, non si può mai sapere.

(Stefano Falotico)

 

Oscar moments, Russell Crowe

Momento decisivo nella carriera di Russell Crowe, il neozelandese venuto dal nulla e, nel giro d’una manciata di film, a far incetta di riconoscimenti e grandi ruoli.
“Fallisce” con Insider, ottiene solo la nomination. Un’interpretazione clamorosa, camaleontica in stile De Niro. Un ricercatore che, dopo una confessione a “spifferare”, viene tormentato dai nemici della sua multinazionale.
Non è rima baciata, ma una vita rovinata, sul lastrico infangata. Colpa del tabacco! Non fumare sigarette avvelenate nel Cancro delle soffiate. Ah ah!
Ma non demorde, a costo di perdere anche dei chili… ah ah, si chiama “dimagrimento da immedesimazione del mettiti nei miei panni, mia moglie m’ha lasciato senza la custodia dei figli ma, in compenso, mi hanno affidato al sociale. Lì, riesumo ricordi da non macerare”.
Così, “macina” una guerra legale, ossessiva, da fil del rasoio, appaiandosi al grande Al Pacino. Quest’ultimo, in una delle sue interpretazioni maggiormente misurate m’altrettanto efficace. Anzi, di più. Sibila diabolico di rabbia, in patti giudei da giornalista prima “servo” e quindi di nuovo Serpico.
Molleranno entrambi, travolti dall’ingiusta “legge” a privilegi di chi sta in alto e soprattutto comanda l’audience di massa.

Russell perderà ai punti, ma ricucirà il torto nella pelle sudata del gladiatore titanico:

 Ecco il Denzel che spunta a farlo nero! A sputtanare la sua schizofrenia da beautiful mind.

Invero, Russell è sempre stato un picchiatore da Cinderella Man, che sono queste allusioni con tanto di finto tonto da Stephen Hawking?

(Stefano Falotico)

 

 

 

“Goodfellas”, review

Sì!

 

Eravamo bravi ragazzi…

Siamo felloni, fenomeni, smontiamo il “baraccone”, goliardici festeggiamo in pompa magna, deturpiamo le oscenità dei bugiardi “legulei” nell’ilar nostro scodinzolare ma la gattabuia ci tenderà la trappola di catene (s)legate. Che toponi!

Abbiamo rischiato la pelle per un pelo di figa, “sposata” e (im)paziente, pazza anche lei, odia le insopportabili intemperanze da maschi(accia), se ne “schizza”, schiamazziamo, tanti morti ammazzati, urla, risse, casini, ritrovi nella tana, taglie e predatori per minuti di celebrità al “(de)coro” collettivo, schiantato in viso aperto e a mani nude contro i colletti bianchi.

Sparatorie, sangue impazzito fra le polpette, madri edipiche, la libido dell’adrenalina per svaligiarti, per scippare la tua “onestà”, rapiniamo banche, siamo public enemies, scommettiamo per assi vincenti con Spider più “servo della gleba”, ghetto da “anonimi” assassini.

Come ti sei permesso, stronzo? Ti sei comprato la carriera! Ecco il grilletto, mio grillo parlante! Se ci fai incazzare, ti (s)tiriamo per le palle, ti “scaraventiamo” di calci e pugni nello strozzar il tuo orgoglio da fall(it)o troppo galletto, hai sbavato di nota stonatissima, eravamo tranquilli ma hai provocato nel punto a te ora letalissimo. Nel “retrobottega”, giù botte, quindi ischeletriamo il tuo viso di pietra, lo avvizziamo perché tu arda all’Inferno, maledetto!  I primi “benedetti” siamo noi, Domenica andiam a messa, Lunedì si ricomincia il gioco s-porco. Mean streets in tal bagno della giungla, che metropoli New York, cazzo. Attento a dove metti i piedi.

Ti pediniamo, sai?

Il vicolo puzza di cadaveri, ne annusi l’odore rancido? Sei una bella signor(inell)a. Hai le palle? Il feto del nostro galleggiare per una galera che “sonnecchia” di tormento al “pacioso” nostro viver irrequieto?

Sbandiamo, acceleriamo, ti freniamo subito.

Ti asfaltiamo e ti sotterriamo nella cenere di sigarette Marlboro secche. Sputa merda da là sotto. Incubo peggiore per ricordarci la coscienza da perdenti. Ora però parli troppo. Zitto! Silenziatore!

Bruciati, aspersi da “angeli” vendicatori del nostro  Montecristo, poveri cristi c’uccisero quando eravamo indifesi.

E ora si barricano nel “coprifuoco”. Vampiri li disossiamo a tenebre paurose. Siamo galanti, le nostre donne copriamo di gioielli e le sfiliam di baciamano. Noi siamo uomini, mica gli eleganti.

La lor “tenerezza” ci ha “fortificato” così tanto che adesso han rafforzato di “blindato”. Sperperiamo i soldi “sudati”, non lavoriamo mai, i coglioni lavorano, noi siamo del Bronx alla Chazz Palminteri. Segui i nostri “consigli” e ti scaverai la fossa, fesso. Little Italy, Harlem, un crogiuolo di razze e devi sopravvivere, se no ti strangolano, e la claustrofobia “istruttiva” reciderà le gole della Notte nerissima. Ce ne sprofondiamo, di calde effusioni con fighelle isteriche e un po’ d’ubriachezza tensiva.

Ci scoppia la testa, crani duri ed elicotteri della polizia a “violarci”.

Non sorvoliamo sugli “spioni”, controllori anche dei nostri cavalli matti. Siamo modelli che se ne infischian del fiscale.

Noi, sì, sbanchiamo e ce la squagliamo. Sì, infatti a picco coliamo.

Che fis(i)co!

La nostra strada è “segnata” da sirene lampeggianti, febbricitanti occhi da Ray Liotta drogato nel led del semaforo neuronale, out of control per un attimo pericolante e l’esistenza, in un’istante, è “segnaletica”.

Già crollata, prima di nascere, di poter svoltare.

Sì, noi ci trastulliamo ma ci teniam al conto. Se l’oste azzarda di “salato”, noi lo freddiamo, “addolcendo” il suo “linguino” da squali degli scogli.

E scaglieremo sempre linciate grezze come diamanti lubrificati dalla durezza increspata dal possiamo vivere solo così.

Altre scelte…? Troppo tardi. Ce l’han precluse con l’ostinazione burocratica delle sevizie quand’eravam svantaggiati per arrampicarci sui gradini della corrotta piramide.

Quindi, l’“accerchiamo”, sregolati (i)scriviamo le regole a registro nostro, con la “giustificazione” che il libretto dell’assenza agli obblighi “morali” è stato rubato dalla supponenza. Siamo degli dei, i comandamenti li dettiamo da paraculi di legge ribaltata.

Il delitto (non) paga beneNicholas Pileggi lo sa…, uno che ne lesse di criminosi miserabili, di poveracci vestiti Armani.

Henry Hill che cazzo hai fatto? Da bambino nato con la camicia a bavero “alzato” del cravattino papillon…  venduto alla bisca clandestina nell’abbigliamento crudo?

Basta una contingenza, un evento e ti hanno “sverginato” in fretta, incanalato alle “mafiette”.

E da lì, che buco… in pancia, non ti curi neanche con la Croce degli “altarini” pentiti, pentecostali in un tribunale “convertito”.

Il tuo monologo finale è patetico, sacrosanto salvarti la pellaccia da ultima spiaggia, d’assistenza sociale e da esplosione delle “orologerie”.
Che bomba! Sfoglia il giornale, sei un comune mortale come tutti.
Aggiornati, acconciati, mangia, caga, dormi, scopa e accetta i tuoi errori.

Come tutti, come tutto il Mondo va.

Jimmy Conway? Colpa sua. Dio maledica la tua “furbizia” da lupo di mare… ozioso, sei stato tu a prendermi sotto “protezione”.

E mi hai “specializzato”. Che viscido figlio di una cagna!

Sì, io e te, un bel paio di stronzi, ci completiamo, di completini, nel “quadretto” del terzetto allietato dalle barzellette del mattoide Joe Pesci.

Regge da solo la scena, il carnascialesco, che chiasso ma fa ridere, ed è proprio buffo.

Cosa volevamo di più da questa vita?

Almeno il Leone d’Oro. Cazzo, questo non merita l’Argento.

Oh, goodfellas, parliamo di un capolavoro coi controcazzi…

Mica roba che “spacciamo”…

Henry, che hai? Parli poco…

Sì, Henry Hill è un tipo taciturno ma s’è gettato in una mischia troppo “tosta” per lui.

E parlerà tardivamente.

Queste infatti (non) sono le sue parole ma le mie, filtrate da come appunto la vedo io, dopo aver rivisto, ennesima “visione”, questa vetta cinematografica.
Ecco, Stefano Falotico la vede così. Credo sia la verità! Inappellabile!

Se sei davvero un bravo ragazzo, vieni preso per scemo, perché la gente “con le palle” sa come farsi “valere”.

Rubacchia, soprattutto dietro attestati, cartacei, comprati, sistematici, di stima ruffiana da lecchini, e poi intasca la fetta di torta nel fregarti anche la ciliegina dei piccoli piaceri quotidiani.

Sì, a fare i bravi ragazzi in questo Mondo, purtroppo, ottieni solo schiaffi in faccia. Tutti a figone, sei sfigato!

Nella prossima vita, mi converrà fare il ladro e il criminalotto camuffato da “grande dottore?”.

No, sceglierò ancora di essere me stesso.

Per il resto, andassero a farselo dare.

Mi tengo la mia e questo film.

(Stefano Falotico)

 

 

“Mystic River”, review

La morte non dimentica

Infanti a giocar per le strade, un rumorin di gomme, una brusca frenata, una vita spezzata.
Un rivolo di sangue purulento, un frastuono nelle tempie, una frattura che durerà a pervader la Bellezza
L’ha massacrata, linciata, stuprata, violata nelle viscere a fetor dell’orco. La macchina, “lentamente”, scompare, un’intermittenza allucinatissima si dissolve in fotogramma della cancrena mistica…
Il Tempo si “trascura”, le stagioni in fretta volano come nubi d’angosce possenti, smunti i destini per un incrocio nel finale d’allarmantissimo “Stop” al dolore.
Da Dennis Lehane, il primo “horror” di Clint Eastwood, il poster è un “grumo” che raggela, sospira e urla di Cinema limpido. Assoluto.
Ombre di “uomini”, sfocati da grigia “denutrizione” nel manto roco d’acqua stagnante. Deperiti, fingono… le facce “tengono”. Il riflesso ci specchia torvi. Siamo ignoti, tutti.
Conserva amico i ricordi che non vuoi, ti fortifican nella fame lungo il viaggio, non perdere la speranze, le immagini dell’oramai non più, un crocevia mortale. Poliziotti, invero criminali travestiti da tutori dell’ordine…
E un’anima si spegne, il rosso boato della Notte l’incupisce nel vischioso confinarla ove i sogni sfuman inquietanti nella parvenza del bestiale growing up.

L’America è questa fra tanti cortei e 4 Luglio festeggianti il (reso)conto della bandierona stesa.

Uno dei tre, a caso, è tutta una questione di fortuna, di eventi, la sciagura s’avventa sul primo che capita, non guarda in faccia, no.

L’altro è diventato poliziotto, guarda un po’ che (co)incidenza. Ha scordato, o s’è sedato nella divisa per non andar in frantumi. Lo rassicura?

L’altro, Jimmy Marcum, un “duro”. Vittima, carnefice, sua figlia vien assassinata nella foresta…
Le hanno succhiato la vita.

E tu, Dave Boyle, sempre chiuso nel guscio, rotto, distrutto, guardi incantato Vampires di Carpenter.

Tu hai patito, sei stato segna(la)to dalla società, e Jimmy sparerà proprio a te, primo “sospettato”.

Non c’è che dire. Una Notte mostruosa.

Un capolavoro. Serpeggia…

(Stefano Falotico)

 

Oscar moments, parte prima

Tanto bistrattati, ostracismo alle volte severo, impietoso, sacrosanto e giusto perché spesso i film, gli attori e le categorie premiate non rappresentano il meglio della stagione analizzata.

Ma gli Oscar, che vi piaccia o meno, sono una sarabanda spettacolare in cui anche noi, “comuni” spettatori, per una Notte magica, c’accaniamo in tifo sfrenato, accalorati sul divano a sperar che il nostro pupillo designato, lì candidato, s’alzi in trionfo a imbracciare la statuetta dorata.

Già, dicevamo. Tanti errori, giudizi frettolosi ove ha un ruolo importante la campagna pubblicitaria, la forza d’impatto che il film “vincitore” ha riscosso durante l’anno giudicato.

Talora, film che c’appaiono senza dubbio meritevoli, con l’erosion del Tempo vengon da noi stessi ridimensionati.

Così, c’accorgiamo che Orson Welles non ha mai vinto come regista, che Hitchcock c’è andato vicino ma anche Lui è rimasto a mani vuote, che Scorsese ha dovuto aspettare un trentennio abbondante prima d’intascarlo per The Departed (fra l’altro, a mio avviso, proprio la pellicola più sopravvalutata del nostro Zio…), che Kevin Spacey, apprendista di Pacino, ne ha due come Miglior Attore Protagonista mentre Al solo uno “tardivo”.

Direi di partire con Forrest Gump e il suo “eroe”, Tom Hanks. Il primo a far la doppietta.
Ancor più “imprevista” perché, prima di Philadelphia, dell’anno precedente appunto, veniva considerato un “attorucolo” buono al massimo per commediole brillanti.

 Un grande colpo, non solo di s-cena! Li hai schienati, grande Tom!

 

Il mitico Sean, intoccabile per De Palma! E ne ha solo uno, questo, come “Non Protagonista”.

 

 

Elia Kazan, chi s’alza in piedi, e chi come Nick Nolte riman seduto, non perdonandolo per il suo maccartismo da liste nere…

 

(Stefano Falotico)

 

“The Immigrant” di James Gray, review

Un film che vi diranno essere noioso e manierista ma che per me è stata un’infatuazione. L’ho visto, l’ho ripensato e digerito per paura di santificarmelo troppo e innalzarlo ben al di là dei suoi meriti e invece son giunto alla conclusione che è proprio bello: pastoso e caldo, nitido nella sua compostezza retrò ma tutt’altro che formalista, al quale guardare estasiati come un’opera lirica impregnata del più puro epos americano, quello dei padrini e dei tori scatenati, dei cacciatori e delle apocalissi ora e subito, aspettandosi nelle ariose sequenze per le strade o nei teatrini di vedere sbucare da qualche vicolo interno un Don Vito ancor detto Andolini con in testa l’immancabile coppola. Sequenze su sequenze che sono Cinema meraviglioso e classicista: la preghiera in Chiesa, la lotta tra Phoenix e Renner, il bacio tra Renner e la Cotillard. La perfezione di un melodramma accorato che sgasa e accelera, poi frena e riparte, sembra sonnecchiare ma in realtà sta solo schiacciando un pisolino sul manto dorato delle sue immagini, avvolto nella coltre di una nebbia dolcissima. Difficile per quanto mi riguarda frenare nell’entusiasmo e rimanere scettico, anche se lo riconosco: non è un capolavoro, gli manca giusto lo scatto decisivo agli ultimi cento metri e in qualche modo ci si abitua ben presto a pensarlo così grande com’è. Della bravura di James Gray, in fondo, non si stupisce più nessuno.

(Davide Stanzione)


 

 

 

“Philadelphia”, review

Che dolore la verità! Soprattutto se è stata sentenziata dai detentori-untori coi dentini

“Macchie” indelebili di pelle ferita dal pregiudizio, oh, l’onta delle “stigmate” a marchi d’ingiustizia, combattivi in coro dinanzi all’oscurantismo “trionfante”, prostrati e perdono mai sarà salomonico ché scalfisti, ledesti, lordasti la moral onestà nelle tue criminose “regole lavorative”, spacciate per omertos’atto leguleio.

La bugia corre sul filo e dilapida il direttore aguzzino, ora basta con l’ingiustizia, i giurati son scandalizzati per la vergognosa azione indecorosa, a gran voce s’eleva il tremito rabbioso, l’ira va moderata nel calibrar il colpo sull’ugola tonante, secca e non “in filigrana” di un altro “segregato”, causa il “puritano” oltraggio al suo ner piumaggio.

Vola sciolta la melodia di Springsteen, paciere ardente tra tanta fatiscenza. Non dei borghi di questa città “ai margini” delle vite rubate e ripudiate, podista titanico d’un pomeriggio che svien invaghito al romantic’effluvio in mistici rimpianti, scagliati eleganti in Cuor temerario, temprata di grinta è la sua “ballata”, dipinta dentro iridi sue stanche ma guerriere ammantate, il tramonto serenamente è dolce adorar l’aurora d’altre nuove albeggianti (ri)scosse. Azzurra, risplenderà! Avanti!

Trema Bruce, infreddolito da un giubbotto che “fischietta” lapidariamente estasiante, in una brezza morbida si colora l’anima deturpata da tanti vigliacchi inganni, viaggia fortificata la corazza del warrior alive fra chi attentò ad affrangerlo. “Liturgico” in biblico sgorgante, sacrale delle limpide astrazioni ancora, sì, sognanti. Epiche!

Assonnaron il mant(ell)o del respiro puro, abbrancato ne urlasti in silenzio “pauroso”, trafitto crollasti, di spasmi avventurieri da brave “martire” t’immoli a sanificar i torti, a risanare le cicatrici. Ulula! No, la Notte va accesa!

Non scompariranno, contorte irritan in pleniluni solitari, senza Sole… waitin’ on a sunny per altri glori days da solarità in summer clothes.

I was bruised and battered
And I couldn’tell what I felt
I was unrecognizable to myself
Saw my reflection in a window
I didn’t know my own face

Scende la sera, s’attenua l’irto lupo in pietà michelangiolesca nello sfumar di madida e levigata energia riscaturita. Mordili!

La polvere del vento arse l’intimità del tuo Uomo intrepido, cauta è l’agonia se viva e or d’amor rafforzato, dalla sconfitta inflitta che ti spense in piagnisteo a catarsi del modularti grande, innalzato è canto idilliaco! Maria Callas! Commozione gloriosa!

Due avvocati, inizialmente su fronti opposti, schierati in battaglia!

Andy Beckett (uno strepitoso, smagrito, sorprendente Tom Hanks) lavora per il rinomato studio legale, appunto, Wyant & Wheeler… il secondo è un avvocaticchio delle cosiddette “cause perse”, o perlomeno proprio piccole, da giudici di pace… Denzel è già sfigato di suo, deve perder anche Tempo per far vincere chi ha perso in maniera fair?
Entrambi “colleghi” quindi, uno bianco latte alla Tom Hanks e l’altro come il carbon’, Denzel Washington. Ognuno per gli affari propri.

Nel frattempo però accade l’ignominia del fattaccio assurdo. Siamo negli anni novanta, e l’AIDS imperversa.

Una malattia che vien contratta “solo” dagli omosessuali. Ahia, quando si toccan i gay bisogna esser delicati… con la regia e la sceneggiatura, altrimenti il luogo comune può prender il sopravvento e combinar pasticci.

Basta una “nota”, una battuta stonata e le intere fondamenta dell’intelaiatura posson colar a picco. Le strutture degli ingranaggi! La sovrastruttura!
C’è poi il ridicolo involontario dei “doppi sensi” su cui mai bisogna scherzarci sopra se non sei un cineasta in gamba…
Jonathan Demme, fortunatamente, non è il primo venuto. E, dopo Il silenzio degli innocenti, che comunque, qua e là in qualche pecca di sbavature “stereotipate” scricchiolava imperfetto, ma ne smorzava i “tranelli” con una tensione davvero cannibalistica del Cinema forte e senza fronzoli, eccolo con un tema forse più “pericoloso”, i crimini contro la sessualità. “Diversa” che sia…
Sì, il film non è soltanto un potente j’accuse indimenticabile agli errori orripilanti d’un sistema ipocrita, ma un pugno tosto allo stomaco di Diritto… costituzionale all’umanità infranta dalle paure piccolo borghesi.

Una società affaristica, appunto, capitalista. Verte tutto sui soldi e sulla questione Sesso.

Il piccolo borghese spaventava Pasolini, egli è un tizio incravattato con tanti bei soldini e una posizione spesso “intoccabile” ma sospettoso come Tommaso, non tanto “santo”, appunto.

Egli ficca il naso dappertutto e soffoca le narici della libertà nel tarpar chi a “genio” non gli va.

Perché è omofobo, razzista, una capra in abiti di “gran taglia”.
E adora il “pacioso” motto del “O così o così”. Nessuna alternativa, nessun altro stile, nessun’altra prospettiva.
L’altra dimensione, per il piccolo borghese, è solamente la “giustificazione patetica” da “Dipende da che punto la guardi. Io sono vincente, tu cerchi alibi, rassegnati perché ti ho licenziato, non consideriamo altre linee. Decurtato e amicizia lunga”.

Eh sì, il povero Andy, su due piedi (impuntati del “caporale”) vien stroncato perché una macchiolina compare “strana” sul collo. Ah, vuoi vedere che Andy ha l’AIDS? Si bisbiglia in ufficio, questi “malati” possono propagarsi “virali”. E allora “eviriamoli”, estirpiamo la loro carriera con la scusa del mancato adempimento al “compitino”. Sì, firmiamo questa burocrazia e spediamoli tutti all’Inferno.

Distinti saluti,
Andy. Buona vita…

… (d’inchiostro “simpatico”) Abbiamo deciso “all’unanimità” di rovinarla ma in modo “legittimo”. Non perché soffre di AIDS, semplicemente perché non ha fatto il suo dovere… 
Finirà tra i barboni, la ringraziamo tanto comunque per i nobili servigi prestati alla nostra “prestigiosa” ditta…
Lei è stato per noi un “eroe” ma non s’azzardi a ribellarsi. “Cazzi suoi” fa rima con “Si arrangi?”. No, con “Quanto siamo stronzi ma non ci frega…”.
Sì, l’abbiamo additato da inquisitori ma nessuna Inquisitoria.  Chiaro? Al massimo, una mensa sociale e una stretta di mano (prima però se la pulisca, non vuole mica “appestarci” da lebbroso?..) di “solidarietà”.

Lei è davvero un grande, Andy, e ancora “Grazie”.
Basta che ora se ne vada dai suoi ossobuchi… sia (in)tesi come checche e sia come nostri maiali a spolparla. Altrimenti, le caviamo gli occhi, noi mangiamo il caviale, non cerchi cavilli!
Le lavastoviglie occulteranno i nostri puntini sulle i…
Ah, è uno stinco, l’abbiamo prima spolpata e quindi liquidata… Ah, non s’impunterà per le sue ragioni?!
Carta bianca canta e noi ce ne spazziamo il culo.
Comunque, se fossimo in Lei, non ne faremmo una tragedia. Troverà appoggio nell’assistenza di qualche infermiera. Guardi che i pasti sono “nutrienti”. Dorme “asciutto” nei dormitori… Le porgon anche occhi teneri “al filetto”, e le dan del “Caro” di carezzine… Non urli, sarà la sua solo retorica!

Firmato gli aff(r)ettati.

Questo film è una pietra miliare di provocazione sfacciata. Sbattuta in faccia, con un Tom Hanks imbattibile.
Sia come Uomo di pellicola, sia come Oscar giusto, come i film necessari.

Disturbante?
Non sai quanto, miei delinquenti!

(Stefano Falotico)

 

“Mezzanotte nel giardino del bene e del male”, recensione

Midnight, good, evil, life and death in this magical land

Da Ungorgiven in poi, il Cinema di Eastwood si tonifica, aggrottato in notti bianche d’esoterico peccaminoso, su rive mistiche dell’oscillazione lapidaria, smarrita, scalfita d’ogni illusoria lindezza, fra crepuscoli delle arrugginite ma lucidissime tempie, patibolari in straziato guaire inascoltate, “corrugato” dentro e a messianica energia sussurrata in prodigiosa adorazione della virtù consacrata alla morale “reazionaria”… ch’è solo l’intrepido arrampicarsi del cavaliere pallido fra i laghi increspati della corrotta società. Ghiacci e polvere, speroni “disinfestanti”, un Dio con occhi torvi e all’apparenza minacciosi, beffardo ghigno del lupo che sputa il sangue degli sconfitti nella scandita sua roccia in passi d’impronta e tatuaggi indelebili sulle scomparse ombre.

Il suo Cinema profuma d’integrità e smaltata, principesca aura romantica, dunque da “vinto” Cavaliere “amorfo”, scabroso, sì, e di qual rabbia elegante effonde in fotografico, atmosferico, combattente e mai stremato, arreso Cuore intatto. Nobile, fiero, eburneo, “patetico” in vesti registiche fin troppo sottili, quasi muliebrità sensibilissima ai moti onirici della Bellezza. I ponti di Madison County (rimembrarlo) a lustrare il Tempo d’una dolce “dissipatezza” grandiosa. Enorme e gigantesco titano che ci e si commuove alle emozioni, denudate in vertiginosa spudoratezza “a scena aperta”, sconfinata come le praterie solitarie del vecchio e fradicio West nell’innervato arcuarsi suo a cavalcare panorami-che intense, vivissime, accorate, rinascenti su mo(ni)to profetico, allucinazioni visive di stordentissimo inebriarci sin a elevare il Male, la marea dei dolori taciuti in catarsi di soffusa delicatezza.
Qual immensità è il suo Cinema “banale”, “artigianale”, da “mestierante”, solido fra gli stolti come una fragile punta di diamante nell’Iceberg di chi “svetta” dietro, quella sì, retorica per applausi facili, mercificati e d’aria fritta da contrabbando delle plagiate anime asservite  alla cortesia “piacente” ma invero ruffiana. Falsari!

Cinema soltanto “arruffato” e dunque camuffato d’opaca “brillantina”.

Clint non necessita di sotterfugi effettistici, va dritto al sodo, scuoia l’essenza dell’esistenza a imperiosa, gagliarda voce “silenziosa”. Sleeper fra tante immagini “pubblicitarie” dello scontato immaginario… che poi dimenticano tutti.

Ed ecco che, dal “cilindro” del suo cappello bounty killer, “nero” ma bianco come un’indimenticabile, lirica melodia di nuovo revenant, estrae questo Mezzanotte asciutto, “scremandolo” a sfumata ambiguità. Ancora Lei a occhieggiare, a turbarci d’incubi.

Un capolavoro “sonnambulo”, che respira fra e-letti del gusto ricercato, wanted in sopraffina magnitudine, destinato ad “avverarsi”, a “denti” addentrati, anche fra gli occhiolini dei dormiglioni spettatori pigri nella buonista culla.

Fra chi vive in “cella” la sua anima e la gode solamente di stupide inezie, ah, che sconcezza dinanzi al Maestro “triste”.

Perché un film così lungo ambientato, di riti “voodoo” stupidi, ove non succede nulla, cioè a Savannah, very New Orleans? Clint è impazzito? Abbandona la “ruggine” per studi entomologici della stramba fauna d’una città oramai “superata?”. Sepolta e maledetta?

Padroncini senza cagnolini al guinzaglio ma col collarino?

Ah sì, Clint è rincoglionito.
Certo, come no.

Chi crede più ai riti, alla scaramanzia, alla superstizione? Alle croci, ai valori, alla “cronaca” che vuol rivelare il vero? Alla gente “moderna” interessa il primo responso “giornalistico”. La notizia dev’essere “diretta”, immediata, assolutoria e tale si bevono. Anche perché non han voglia d’indagare né farsi sangue amaro…
Meglio i bicchierini nei cocktail “peperini” delle “limonate” fresche di “stappo” e da “stampa”.

C’è stata una festa, c’è scappato il morto. Il morto era, forse, l’amante del riccone. Chi se ne frega? Abbiamo asso(l)dato. Addio. Solo calci nel culo, se non vorrai accontentarti dello stipendietto. Parla come mangi e non sputare nel piatto in cui guardi il pasto nudo.

No, no, scendiamo in profondità. Sono curioso.

John Cusack è il “ragionierino” degli articoli da sagra del “sagrestano”.

Deve annotare la “geografia”, agiograficissima e superficiale, d’una semplice festa di Natale, organizzata da un “potente” di lusso.

Avviene però il losco “fattaccio”. Nel “durante”, qualcosa di brutto accade. Già, mentre si cazzeggia, qualcuno non scopa ma viene sparato ammazzato. In mezzo agli schiamazzi, nessuno ha sentito un cazzo.

Billy, il “servo della gleba” a totale servizio del Kevin Spacey più furbetto, schiatta però. Di “crepacuore?”.

Mah, c’è il “ma” dell’omino anonimo, Cusack. No, John non ci sta, vuol vederci chiaro.

Ottiene il permesso di far l’investigatore “Marlowe” sudato e sfigato, fra torride donne bizzarre, una bionda ammiccante, e altri provocanti guai.

Anche un travestito fra tanti travestimenti e ricevimenti.

Con tanto di avvocati e processi. Quanta carne al fuoco! Al Diavolo tutti!

Il ricco, “tenuto in fermo” per constatare se era infermo o solo colpevole di “legittima difesa”, assolto vien liberato dal carcere… infernale.
Appunto. Sì, sì, il diario del taccuino è completo.

Bene, sistemata la faccenda, torniamo a casa nostro rompiballe palloso d’un Cusack?

Ma sì, è stata una vacanza anomala ma “divertente”. Non dirmi che non te la sei spassata? Ottimo. Adesso, ti tocca la vita “normale” di tutti i giorni. Buono e zitto. Non mettere zizzania. Mangiati la frittata e basta.

Intanto, il ricco “festeggia” ancora. L’infarto gliene coglie, e uno spettro angosciante gli appare.

Da non chiuderci, come dico io, (un) occhio.

“Buonanotte”.

(Stefano Falotico)

 

Nicolas Cage è invero un grande

 Isterico lieutenant. Bad, bang!

 Eccetto qualche smorfiona di troppo, specie nella trasformazione, appunto face off, un Cage strepitoso. Ai livelli di Lynch.

 Serio, quasi tragico.

 
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