“A Bronx Tale”, Review

 

Un racconto di (de)formazione

Bronx

Ricorda che la cosa più triste nella vita è il talento sprecato. Puoi avere tutto il talento del mondo ma, se non fai la cosa giusta, non succede niente…

 

“Wikipedia” esordisce con quest’estratto, è la frase più forte, scagliata quasi d’ira, fulminea a costringerci “dentro” una riflessione. Quel padre, premuroso m’anche assente, “sempliciotto” ma poi “libertino” nel donar al figlio proprio il diritto alle proprie choices. Spesso, quando De Niro nelle interviste vien interpellato a proposito della sua carriera fortunata, recita proprio la testuale, ormai storica, indimenticabile “Il talento sta nelle scelte”.

Scavando nella sua biografia, io che del Bob da sempre son sfegatato “pigmento” a suo “neo” d’imponente tragitto, posso narrarvi ciò…

De Niro cresce in una famiglia di artisti squattrinati e forse, dal padre pittor surrealista, ha “inalato” le sue pennellate trasformiste, schizzandole nella tela ramificata della sua Arte attoriale alla Van Gogh.
Affrescando i suoi labirinti emozionali a estetica dell’impressionismo, anche fu… impressionante, d’espressività mutante. Raramente, De Niro assomigliava a se stesso, scompariva nei suoi personaggi, plasmava il corpo dell’anima a colore delle sue mimiche, s’addentrava sfavillante o malinconico, brillantissimo o proprio “alienandosi” nella “finzione” scenica del fulminarci in tante “gallerie” di personaggi. Tuta, sì, mimetica! Perennemente, come una vissuta, “sventrante” inquietudine “cronenberghiana”, cambiava.

Oh, tuo camaleontismo, tua “maschera”. Io che son suo fan, quasi come Gil Renard, ne conosco vita, morte e miracoli… Speriam s’attardi la “Falce” a elevarlo in Paradiso…, ché voglio ancora, stremantissimo, deliziarmi se idilliaco, anche se “invecchiato”, d’increspature armoniose in Cuor d’Attore mi “sublimerà”… oh, accogli la mia e nostra supplica, stiam pregando ché sfoggerai il Bob nostro amato e forse per sempre “compianto”, adesso che ti sei “rimpicciolito” da qualsiasi, anonimo “mestierante”.

Tu che alimentasti gli sperimentalismi turgidi della mutevolezza, tu che c’incantasti quando incastonavi il tuo viso a tic e smorfie memorabili, a ogni interpretazione… t’innovavi, e noi in te n’eravam divorati e “innervati”.
Respiravamo il De Niro grandioso, inarrivabile prima che un po’, oggi, tramontasti per gli “alimenti”…, o solo la Tribeca per mantenerla…?

Su, su, su, ad “adirata” voce ti rimpiangiamo e ci rattristi quando oggi “bofonchi” la “sordina” annoiata con cui “passeggi” di film tanto mediocri che quasi, del tuo spiccato Passato, t’abbiam dimenticato.

Oh, Bob rammemoraci chi eri quando Noodles, secondo me, assieme al Bickle, è il nostro “C’era una volta...” più magniloquente, altisonante, perfezione di classe recitativa, il vero erede di Marlon Brando, mio Vito Corleone che proprio con Marlon “spartisci” lo “stesso” Oscar da “Padrino”.
Gestualità che hai appreso dalla lezione di Marlon, a sua volta insegnatagli da Elia Kazan… un grande attore si riconosce anche quando è “muto”.

Per il suo Sguardo, il magnetismo dei suoi occhi, a penetrazione della vita assorbita in totale, soave naturalezza, scevra d’ornamenti retorici o d’impostazioni troppo “caricate” quando non son necessari.
Il tuo Max Cady è strepitoso perché proprio eccessivo deve, deve strafare. Antitesi tanto caricaturale da essere di cera. Rabbrividiamo per la bravura incarnata, mangiata al contrario. Altrimenti, Max sarebbe una persona “normale”, un avvocato “calmo” con gli scheletri nell’armadio o un commesso viaggiatore nella “ventiquattrore” di tutti quanti, mortali nei “comuni” periferici, qualunquisti e sempre di fretta, soprattutto superficiali, freddi e spenti.

Ma forse io stesso v’ho annoiato ché del Bob, se vi dichiarate di Cinema appassionati, tutto appunto “enciclopedici” voi stessi, scorporandovi nelle sue mille facce, assumeste l’assurta grandezza.
No, non venga defunta. Martin Scorsese… il vostro The Irishman ci ricorderà il Bob che stiam smarrendo?

Eh sì, Scorsese e De Niro, una delle coppie più geniali e prolifiche di filmografia “condivisa”. Il mirabile merito sta in Martin, in Bob o c’entra anche Paul Schrader?

Chissà… fatto sta che ogni lor capodopera ce lo teniam da avidi collezionisti. E li conclameremo in auge sinché morte, appunto, non ci separi. Forse, assieme a Dio De Niro, con Martin in un cineclub lassù a sfogliare le memorie da “restauri”…

De Niro… allora eccolo qua. Sognava sempre d’esordire alla regia ma troppe richieste lo distraevano. Però, dopo che fondò il Tribeca e qualche soldo aver custodito gelosamente, si toglie lo “sfizio” per cui ogni attore, prima o poi, vuol viziarsi.
Cioè dirigere se stesso. Chi fa da sé fa per tre? No, De Niro si scinde dietro e davanti alla macchina da presa, però il terzo (in)comodo è Chazz Palminteri. Gli passa la parte migliore. La pièce.
Da un suo lavoro teatrale infatti, De Niro lo trae… “trascina” Chazz ad adattar la sceneggiatura e, per il favore concessogli, gli garantisce un privilegiato protagonista “d’onore”, il boss mafioso…

Nel 1993, Bronx vien presentato al Festival di Venezia e, per l’occasione, De Niro “intasca” il Leone d’oro alla Carriera.

Bronx 2

La storia di Calogero… la “vera”, romanzata storia di De Niro Robert.

La trama? La vita è una circostanza, oggi “bazzichi” coi balordi e quelle cattive compagnie ti gett(er)an nella merda. Chazz/Sonny è uno stronzo ma anche un grande Uomo.

Sonny è un criminale ma anche un “educatore”. Tu, Calogero, sei tale e quale a tuo padre, però anche “identico” a Sonny, più sveglio del sangue… del tuo sangue, tuo padre è un conducente d’autobus “assonnato”.

E tu cosa scegli  Calogero? Una vita onesta o “indurirti”, rubando a destra e a manca, ammanicandoti ai goodfellas e poi forse pentendoti…?

Lascia fare al destino, il destino è tortuoso, si sbaglia, si fa la cosa giusta come in un film di Spike Lee.

Non è un grande film questo Bronx, ma un buon tale. Perché, nel Bene o nel Male, la condizione umana è tutta qui. Devi cavartela così. Non raccontartela.
E, nella lapidaria frase di Joe Pesci alla fine, risiede il senso?

Il cameo, il cammino di tutta una vita.

 

(Stefano Falotico)

 

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